I cristiani sono la minoranza più perseguitata del mondo ma quella di cui si parla di meno. Perché?

Lezione tenuta il 22 ottobre 2015

Prof. Leonardo Gallotta

Corso «I cristiani sono la minoranza più perseguitata del mondo ma quella di cui si parla di meno. Perché?»

Lezione inaugurale

 

Con questa mia lezione inizia il terzo decennio di attività della Scuola di Educazione Civile. Mi pare che si debba essere soddisfatti, soprattutto per la continuità di impegno che siamo riusciti a mantenere.

Quest’anno io e i miei collaboratori abbiamo deciso di affrontare un solo tema – declinato ovviamente in tematiche e problematiche diverse – vale a dire quello rappresentato  dall’immane tragedia dei cristiani perseguitati nel mondo. Un grazie al Direttore del settimanale diocesano la Voce di Ferrara-Comacchio, don Massimo Manservigi, che ha dato risalto alla nostra attività pubblicando il calendario completo delle lezioni di quest’anno.

Dobbiamo tenere presente che su questo tema è intervenuto Papa Francesco più di venti volte durante il suo pontificato e che il nostro Arcivescovo Monsignor Luigi Negri si è enormemente speso per denunciare il tragico destino dei cristiani iracheni, raccogliendo fondi e realizzando un gemellaggio con la Diocesi di Erbil.

I cristiani perseguitati rappresentano un paradosso. Essi sono la minoranza più perseguitata del mondo, ma quella di cui i media parlano di meno, tant’è che il Pontefice ha parlato di “silenzio complice”. Tra gli studiosi – ma è cosa normale – c’è anche un notevole conflitto sui numeri. Allora bisogna distinguere tra i “martiri”, cioè uomini e donne consapevoli di offrire la loro vita per Cristo e per la Chiesa e quindi candidati, almeno potenziali, alla beatificazione – faccio un solo nome per tutti, il pakistano Shahbaz Bhatti – e i cristiani uccisi a causa, diretta o indiretta, della loro fede. I primi sono qualche migliaio, i secondi sono oltre centomila all’anno, vale a dire, statisticamente, uno ogni cinque minuti. Massimo Introvigne, contro chi contestava questi dati, ha scritto sulla Nuova Bussola Quotidiana un ben argomentato articolo dal titolo “I cristiani uccisi sono proprio 100mila all’anno”. Eppure se ne parla molto poco sia da parte dei media sia da parte delle istituzioni internazionali. Quest’anno, precisamente il 27 marzo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per la prima volta nella sua storia avrebbe dovuto dedicare una seduta straordinaria ai cristiani perseguitati in Medio Oriente. Ho usato il condizionale perché così in realtà doveva essere, ma in seguito si è preferito intitolarla alle “minoranze religiose ed etniche perseguitate in Medio Oriente”. Comunque sia, si è almeno parlato dei cristiani e davanti al Consiglio di Sicurezza ha testimoniato il Patriarca caldeo-cattolico di Babilonia Louis Raphael I Soko. Alla fine però, a causa dei soliti veti incrociati dei membri permanenti del Consiglio, è stato prodotto un documento generico senza proposte serie e concrete. L’Italia, poi, tramite il suo rappresentante, ha affermato che le prime vittime dell’ISIS sono i musulmani, cosa per certi versi pure vera, tenuto conto dell’odio che divide Sciiti e Sunniti. Tuttavia l’affermazione diventa risibile se si parla di vittime della popolazione civile perché, fra uccisi e costretti all’esilio, la proporzione fra non musulmani e musulmani è di cento a uno. E’ comunque importante che se ne sia parlato in un organismo internazionale come l’ONU. Ma quale eco, ad esempio, in Italia? Tranne Avvenire i quotidiani nazionali non hanno dedicato all’avvenimento neppure un trafiletto. Perché, mi si passi l’ossimoro, questo silenzio “assordante”?

In primo luogo perché ci si rifiuta di fare i conti con il comunismo. I comunisti hanno ucciso, messo in carcere e perseguitato un numero impressionante di cristiani e questo è ormai storicamente provato. Ma non è che dopo il 1989 il comunismo non esiste più. Ci dice Massimo Introvigne che il Paese che ammazza il maggior numero di cristiani è la Corea del Nord. Ma che dire del paese più popolato del mondo? La Cina, dobbiamo ricordarlo, nonostante tutte le aperture alla proprietà e all’iniziativa privata, ha un governo a guida comunista. Ora, in Cina, se sei cattolico, ti può andar bene solo se appartieni alla Chiesa Patriottica – cioè quella asservita al Partito Comunista Cinese -, ma se sei cattolico fedele a Roma, tutto diventa più difficile. Alcuni Vescovi, ad esempio, ma anche sacerdoti e semplici fedeli  scomodi per il regime sono prelevati dalla polizia e poi non se ne sa più nulla. Se questo è il presente – ricordiamo anche Cuba e il Venezuela per esempio – occorrerebbe comunque affrontare il tema del giudizio storico sul comunismo. Non si parla delle persecuzioni perché nessuno vuole affrontarlo. Nella  Scuola di Educazione Civile noi cercheremo di farlo.

Un altro punto dolente è costituito dall’ultra-fondamentalismo islamico. Ebbene, che non tutti i musulmani siano terroristi e vogliano uccidere i cristiani è sicuramente vero. Però è altrettanto vero che gli assassini di al-Qa’ida, dell’ISIS e di altre formazioni sono musulmani. Sono un problema complesso all’interno della storia del fondamentalismo islamico. Non si può dire che non c’entrano con questa storia. E’ una storia con cui i musulmani e i non musulmani dovrebbero fare i conti e dirlo non è politicamente corretto. Noi invece, politicamente scorretti, lo diremo.

Se comunismo e islamismo ci mostrano gli aspetti più eclatanti – e certamente anche i più tremendi – della persecuzione dei cristiani, ci sono Paesi che nell’immaginario collettivo sembrerebbero dover essere pacifici e i cui mali deriverebbero sempre e comunque dall’Occidente “cattivo” che li ha colonizzati. Ora è vero che l’Occidente  ha le sue colpe e le sue cambiali non pagate. Tuttavia la persecuzione dei cristiani – vedi il nazionalismo indù, gli orrori della guerra dello Sri Lanka e le tante stragi tribali in Africa che spesso sono stragi di cristiani – costringe a riflettere su questi etno-nazionalismi e tribalismi spesso violenti e sanguinari. Un solo esempio per ciò che riguarda l’India. Dalla maggior parte delle persone l’India è considerata una pacifica terra di “santoni” e di popoli dediti ad antichi riti religiosi forse a volte un po’ strani, ma sostanzialmente innocui. Tuttavia, come ho ricordato nell’ultimo numero della Voce di Ferrara- Comacchio, pochi sanno che esiste il Partito Nazionalista Indù che spinge ad una pratica chiamata ghar wapsi (ritorno a casa) che consiste nel “riportare” i cristiani alla fede indù. Ma per far questo, soprattutto nello Stato dell’Orissa, non mancano profanazioni e incendi di Chiese, maltrattamenti e intimidazioni a sacerdoti e fedeli, così che ogni tanto … ci scappa il morto, ovviamente cristiano. Questo dell’India è solo un esempio, ma quanti sono i cristiani perseguitati in paesi più piccoli di cui a mala pena si conosce l’esistenza? E’ solo la benemerita istituzione dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre che con il suo annuale Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo ci informa su queste cose.

I media non sempre tacciono. Di fronte ad esecuzioni clamorose sono costretti a parlare. Di morti in realtà ce ne sono però a profusione, ma il nome dei colpevoli (tranne i casi clamorosi) stenta sempre a venir fuori e meno che mai il nome delle ideologie che li ispirano. I cristiani non sono perseguitati perché hanno la pelle di un certo colore o perché sono belli o brutti. Sono perseguitati perché testimoniano Gesù Cristo crocifisso. Contrariamente all’invito di San Giovanni Paolo II, ossia “aprite le porte a Cristo”, oggi a Cristo e alla sua Chiesa si vogliono chiudere queste porte, anzi sbarrarle, sbarrarle alla sua verità sulla storia, sull’uomo, sull’economia, sulla politica, sulla vita, sulla famiglia. Ecco perché si preferisce non parlare dei cristiani perseguitati, perché si rischierebbe di finire a parlare della visione cristiana – e segnatamente cattolica – del mondo. Ma se materialisti e laicisti non ne vogliono neppure parlare, dovrebbe essere consentita la libertà religiosa e quindi la libertas nuntiandi. Ma esiste in Occidente e in Europa tale libertà?

Massimo Introvigne, a conclusione del Convegno nazionale “…Perseguiteranno anche voi: persone, drammi e prospettive”, organizzato da Alleanza Cattolica e dall’Associazione Integra Onlus a Milano nel marzo di quest’anno ha ricordato una recente legge dello Stato dell’Indiana sulla libertà religiosa che ha una clausola che esclude dall’ambito di applicazione delle leggi sull’omofobia i sermoni pronunciati nelle chiese e permette l’obiezione di coscienza per motivi religiosi anche ai titolari di esercizi privati cui venissero richiesti servizi incompatibili con la loro fede. Ebbene gli amministratori delegati delle più grandi aziende americane hanno inviato una lettera al governatore dell’Indiana in cui dicono che questa legge è inaccettabile perché se mandassero a un congresso nell’Indiana i loro dipendenti omosessuali, questi potrebbero andare in chiesa, sentire un sermone omofobo e turbarsi, per non parlare dello choc psicologico che potrebbero patire se un fioraio, richiesto di corredare un bouquet con una fascia “John ama Jim”, li invitasse a rivolgersi al collega dell’isolato accanto. A qualcuno tali considerazioni potrebbero sembrare ironiche, ma teniamo presente che dei tribunali americani hanno costretto alcuni fiorai e pasticceri – che non se la sentivano per motivi di coscienza – a fornire i servizi richiesti. Questa è libertà religiosa? No. Non lo è. Come non vi è libertà religiosa dove si cerca di limitare l’obiezione di coscienza di medici, di farmacisti, di infermieri, di funzionari di stato civile che non vogliono celebrare “matrimoni” omosessuali, oppure – succede anche in Europa – si pretende di vigilare su che cosa si dice nelle prediche in chiesa su vita e famiglia. Non siamo certamente a livello di persecuzioni violente, ma vi è una logica di piano inclinato per cui dall’intolleranza si passa alla discriminazione e dalla discriminazione alla persecuzione.

Se quest’anno abbiamo scelto questo tema per la Scuola di Educazione Civile è perché noi di Alleanza Cattolica vogliamo essere innanzitutto vicini ai cristiani che hanno testimoniato e testimoniano Cristo con inaudite sofferenze giunte anche all’effusione di sangue e poi perché vogliamo fare tutto il possibile per non doverci “incamminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico di cui ha parlato Papa Francesco.

 


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