ONU, Chiesa cattolica e libertas nuntiandi

Lezione tenuta il 26 gennaio 2006

prof. Leonardo Gallotta

 

L’argomento che propongo alla vostra attenzione questa sera è costituito dai rapporti che sono intercorsi e intercorrono tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite e la Chiesa Cattolica, in ordine anche alla libertas nuntiandi, rapporti non sempre idilliaci, dal momento che spesso si sono fronteggiate due posizioni nettamente contrapposte relativamente a diverse questioni. Premetto che le considerazioni che andrò facendo sono per la più parte tratte da un bello studio sull’argomento di Agostino Carloni apparso sulla rivista Cristianità (1) e che pertanto a lui devono andare il mio debito e la mia riconoscenza.

 

LA SOCIETA’ DELLE NAZIONI

Alla fine della Prima Guerra Mondiale, dopo l’inutile carneficina fratricida – tale la definizione di Papa Benedetto XV – in occasione della Conferenza di Versailles, fu fondata, con Patto istitutivo del 28 aprile 1919, la Società delle Nazioni, il cui scopo era il mantenimento della pace e della sicurezza collettiva, mediante una serie di misure rivolte alla prevenzione e alla risoluzione delle controversie fra gli Stati. L’Assemblea, composta dai rappresentanti di tutti gli Stati membri, si riuniva annualmente a Ginevra, sede dell’organizzazione. Assemblea e Consiglio – quest’ultimo formato dalle principali potenze alleate e associate come Inghilterra, Francia, Italia e Giappone, ma senza diritto di veto, a cui si aggiunsero in seguito Russia e Germania – deliberavano all’unanimità. Poiché l’applicazione delle “sanzioni” contro gli Stati aggressori o violatori del Patto era però affidata all’Assemblea generale, fu assai difficile metterle in pratica per la difficoltà di un voto unanime. Di anno in anno, dunque, la Società delle Nazioni mostrò sempre più la sua incapacità a perseguire gli scopi per cui era sorta. Principali ragioni della sua decadenza furono i suoi vizi d’origine –l’ordine politico da mantenere era quello instaurato a Versailles dopo la Prima Guerra Mondiale – l’astensione degli Stati Uniti, che pure ne erano stati promotori col Presidente Wilson, e infine il recesso della Germania, del Giappone, dell’Italia e l’espulsione della Russia. La Società delle Nazioni giunse pertanto alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale in condizioni di quasi totale abbandono e quindi impossibilitata a funzionare con efficienza. Già morta, essa si estinse formalmente il 18 aprile 1946.

 

L’ONU: SUA NASCITA E SUE STRUTTURE

E’ sulle ceneri della Società delle Nazioni che nasce l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Dopo un lavoro di preparazione iniziato a partire dalla Carta Atlantica concordata tra Roosvelt e Churchill nel 1941, la Conferenza di San Francisco definisce il 26 giugno 1945 la Carta delle Nazioni Unite che entrerà però in vigore quattro mesi dopo, il 24 ottobre, giorno ancor oggi dedicato alle Nazioni Unite. L’articolo 1 della Carta fissa fini e principi che possono essere così riassunti: – rispetto dei diritti dell’uomo, della dignità della persona umana e dei principi di eguaglianza e non discriminazione – diritto dei popoli all’autodeterminazione – sovrana eguaglianza e indipendenza delle nazioni – promozione della cooperazione internazionale basata sul concetto dell’interdipendenza – impegno ad adempiere in buona fede gli obblighi assunti in conformità alla Carta di San Francisco e a prestare la necessaria assistenza alle Nazioni Unite – divieto di interferenza negli affari interni di uno Stato – obbligo di soluzione delle controversie con mezzi pacifici – divieto di ricorrere alla forza o di minacciarne il ricorso, nelle relazioni internazionali, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite. Letti così, uno dietro l’altro, questi fini e principi non possono che trovare approvazione. Chi potrebbe dirsi contrario al rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità umana, chi favorevole al ricorso alla forza nelle relazioni internazionali? Tuttavia, a ben vedere, tali finalità sono così generiche che hanno fatto dire all’internazionalista Benedetto Conforti che “è più facile individuare le materie di cui l’Organizzazione non può occuparsi che quelle oggetto delle sue competenze”. Esaminiamo ora il funzionamento delle strutture dell’ONU. L’Assemblea Generale rispetta il principio dell’eguaglianza giuridica e politica degli Stati membri. Tale principio, apparentemente giusto, fa sì però che il voto di un grande ed importante Stato conti quanto quello di qualsiasi altro, indipendentemente dalla dimensione territoriale e dal peso politico, economico e demografico. Il Consiglio di Sicurezza si fonda sul principio che le cinque potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale (USA, Gran Bretagna, Francia, URSS e Repubblica Popolare Cinese), sono le sole a decidere con effetti operativi, col limite però di deliberare all’unanimità. Tuttavia, poiché, almeno fino al crollo dell’Unione Sovietica, sono sempre state divise sulla visione del mondo e della società, l’unanimità non l’hanno mai raggiunta. Lo stesso problema si presenta anche per il Segretario Generale che, eletto dall’Assemblea Generale, non può imporsi ai cinque grandi.

 

L’ONU E LA PACE: INERZIA, INSUCCESSI, PARALISI

Con tutte queste premesse, cioè con tutti questi “paletti”, ben si comprende come l’ONU abbia avuto ed abbia enormi difficoltà a livello operativo. Vediamo qualche esempio, ma se ne potrebbero fare tanti. In occasione della rivolta ungherese, nel 1956, dopo l’ultimo appello di richiesta di aiuto all’Occidente via radio, l’ONU stilò semplicemente un documento che invitava il Segretario Generale a “indagare sulla situazione in Ungheria causata da un intervento straniero”. Altro esempio più vicino a noi nel tempo. Bosnia, luglio 1995. Gli ufficiali ONU invitano i bosniaci a raggrupparsi in alcune città, fra cui Srebenica, per difenderli meglio. Il risultato è il massacro, proprio a Srebenica, di settemila bosniaci ad opera delle milizie serbe di Ratko Mladic. Sull’inerte comportamento dei caschi blu è uscito anche un film del regista bosniaco Danis Tanovic, No man’s land, vale a dire “Terra di nessuno”, premiato con l’Oscar nel 2002 come migliore film straniero. Tremende le parole del sottufficiale ONU alla fine del film:”E’ in corso un massacro e non fare nulla per fermarlo è già una scelta”. Un anno prima di Srebenica, in Ruanda, il generale canadese Romeo Dallaire, comandante del contingente ONU nel paese, informa il responsabile delle operazioni di peacekeeping, il ghanese Kofi Annan – oggi Segretario Generale dell’ONU – che esiste il reale pericolo di massacro dei Tutsi per mano degli Hutu. Kofi Annan risponde con un fax, passato alla storia come il fax del genocidio, imponendo a Dallaire di non intervenire “per non andare oltre il mandato dell’ONU”. Risultato: ottocentomila persone morte in venti giorni. Si potrebbe andare avanti con gli esempi, anche perché mezzo mondo è interessato da conflitti più o meno noti che continuano al presente senza che le Nazioni Unite siano in grado di assicurare in alcun modo la pace, mostrando anzi la loro inettitudine.

 

L’ONU E I DIRITTI UMANI

A Parigi, nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948, fu proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, seguita da una convenzione per la loro salvaguardia, firmata a Roma nel 1950 ed entrata in vigore nel 1953. La Dichiarazione comprende le più svariate esplicazioni della libertà umana: si va dal diritto alla vita alla libertà e alla sicurezza personale, dall’eguaglianza di fronte alla legge e dalla libertà di coscienza e di religione alla libertà di associazione, di opinione e di espressione. Esiste attualmente la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Ebbene, grazie ad un’alleanza fra regimi dispotici e Stati europei contrari alla politica del Presidente USA George W. Bush, nel 2002 gli Stati Uniti d’America sono stati esclusi da tale commissione. Essa conta oggi 53 membri, fra i quali la Repubblica del Sudan, entrata a farne parte nel 2004, il Regno dell’Arabia Saudita, la Repubblica di Cuba e la Repubblica dello Zimbabwe, che sono Stati notoriamente all’avanguardia nella difesa delle libertà civili, politiche e religiose e che decidono “quali violazioni dei diritti condannare”. Sulla capacità di giudizio della Commissione basterebbe qui ricordare che né la Repubblica Popolare Cinese né il Regno dell’Arabia Saudita sono mai stati criticati o fatti oggetto di sanzioni per aver violato diritti umani. L’on. Rocco Buttiglione, venuto a parlare qualche mese fa nella nostra città, ha ricordato che lo Stato che ha ricevuto in assoluto più richiami per la violazione di diritti umani è stato quello della Città del Vaticano! Per avere un’idea di quanto succede negli Stati citati – non nel Vaticano evidentemente – basterebbe sfogliare il Rapporto 2005 sulla libertà religiosa, curato dall’”Aiuto alla Chiesa che Soffre”.

 

LE AGENZIE UMANITARIE DELL’ONU

Qualcuno potrebbe dire che è certamente vero ciò che abbiamo detto sull’inefficienza dell’ONU relativamente alla pace e ai diritti umani, ma che tuttavia le agenzie umanitarie funzionano. Ho prima ricordato l’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Vi riferisco ora – così en passant – alcuni dati percentuali fornitimi qualche tempo fa dall’amico Attilio Tamburrini, curatore del Rapporto sopra citato. Ebbene, il 75% delle offerte fatte alle organizzazioni umanitarie dell’ONU è utilizzato per pure spese di organizzazione, mentre solo il 25% va ad effettiva destinazione. Le percentuali tuttavia si invertono per le offerte fatte all’”Aiuto alla Chiesa che Soffre”, dove invece è il 75% ad andare a destinazione. Certo le agenzie tecnicamente funzionano, ma a quali costi? Sull’impegno dell’ONU in favore delle aree disagiate del mondo sono usciti recentemente due studi, uno di Mons. Michel Schooyans (2), membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali e professore emerito dell’Università di Lovanio in Belgio e quello di Eugenia Roccella – giornalista e, negli anni Settanta, leader del Movimento di Liberazione della Donna – e di Lucetta Scaraffia (3), docente di Storia Contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma. A questi studi – soprattutto al secondo – faremo riferimento nel prosieguo della trattazione del tema.

 

UNA PREVIA IMPOSTAZIONE IDEOLOGICA

A monte dell’impegno e dell’azione delle agenzie umanitarie ONU sta una premessa “politicamente” molto chiara che potrei sintetizzare così: “Ogni azione umanitaria in favore delle zone disagiate del mondo patisce insormontabili ostacoli, dovuti al fatto che in tali aree la popolazione è in numero eccessivo. Pertanto, prima ancora degli aiuti materiali, è assolutamente necessaria un’azione volta all’utilizzo di tutti gli strumenti possibili per ridurre l’aumento della popolazione”. La campagna antinatalista – dice Agostino Carloni – inizia nei primi anni Cinquanta. E’ però a partire dagli anni Settanta che le tesi delle organizzazioni antinataliste – prima fra tutte l’IPPF, l’International Planned Parenthood Federation – trovano udienza e accoglienza presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate, tesi nettamente contrastate dalla Santa Sede. Occorre dire che la Santa Sede – rappresentata dallo Stato della Città del Vaticano – è dall’ONU considerata come “Stato non membro con lo status di Osservatore Permanente”. Tale status consente la partecipazione a importanti convenzioni internazionali e ai lavori di numerose agenzie specializzate. E’ in tali occasioni che la Santa Sede ha contrastato la concezione fortemente antinatalista e contraria ai diritti naturali dell’uomo sopra accennata e proprio per questo, negli ultimi decenni, essa è stata attaccata in modo sempre più forte sino al tentativo di estrometterla dall’ONU. Nel 1999 infatti iniziò una campagna internazionale denominata See Change, slogan che gioca sulla denominazione inglese della Santa Sede, “Holy See”. Tale campagna fu condotta dall’Associazione “Catholics for a Free Choice”, associazione che fin dal 1973 si era impegnata nella battaglia abortista e che può contare su un bilancio annuo – tali i dati riferiti nello studio di Roccella e Scaraffia – “di due milioni di dollari, ottenuti soprattutto dalla Ford Foundation e dalla Packard Foundation, interessate alle campagne antidemografiche nell’America Latina”. Altroché cattolica! Mons. Schooyans non esita a definirla “un’Organizzazione Non Governativa violentemente anticristiana dalle svariate ramificazioni che sfruttano in maniera ingannevole il riferimento al cattolicesimo per adescare le anime semplici o che tali vogliono apparire”. La campagna però, per quanto bene orchestrata, non ha fortunatamente raggiunto il suo scopo. Nel 2004 infatti l’Assemblea Generale ha adottato all’unanimità una risoluzione che conferma e rafforza per la Santa Sede lo status di Osservatore Permanente, riconoscendole il diritto a una più attiva partecipazione ai lavori dell’Assemblea.

 

ONU E CHIESA CATTOLICA: IL CONCETTO DI TOLLERANZA

Il concetto di tolleranza è uno dei due punti – l’altro lo vedremo dopo – su cui la divergenza è più netta. Esso è assai importante, perché attiene alla libertas nuntiandi che è il tema conduttore dei Corsi della Scuola di Educazione Civile di quest’anno. A tale proposito dice Mons. Schooyans: “…il laicismo si presenta come il custode della tolleranza, di una tolleranza insidiosa tuttavia… In realtà ciò che questo atteggiamento ideologico si propone in nome di detta tolleranza è di soffocare la voce della Chiesa con il pretesto della sua ’intolleranza’ e ciò perché essa annuncia un messaggio veritiero ed accetta di aprirsi alla Rivelazione di Dio nel tempo”. E ancora la Scaraffia rileva come “più volte nei documenti ufficiali è ribadito…che chi considera vera la propria religione a discapito delle altre è colpevole di fanatismo e ricade quindi in quello che viene considerato ‘odio religioso’ anche se il suo atteggiamento non contempla il ricorso alla discriminazione e alla violenza. La religione più penalizzata a causa di questi provvedimenti è quella cristiana e in particolare la Chiesa Cattolica, data la sua tradizione missionaria“. E’ così che l’ONU si dimostra sempre assai ben disposta verso tutte le organizzazioni interreligiose. Fra queste si segnala la URI, United Religions Iniziative, che fa parte del Comitato, istituito nel 1994, chiamato a stendere la Carta della Terra, considerata come Gaia, nuova dea “di un paganesimo- così la Scaraffia – intinto di New Age, che si preoccupa soprattutto d’impedire la crescita della popolazione umana sulla terra“.

 

ONU E CHIESA CATTOLICA: I DIRITTI RIPRODUTTIVI

E’ alla Conferenza di Pechino che i cosiddetti diritti riproduttivi trovano compiuta definizione. Infatti, dopo aver insistito in linea di principio sul diritto delle coppie e dei singoli a stabilire se e quando avere dei figli, nei documenti finali della Conferenza si legge che le coppie dovranno tener conto “delle proprie responsabilità nei confronti della comunità” e ancora che “la promozione dell’esercizio responsabile di questi diritti sarà la base fondamentale delle politiche e dei programmi sostenuti dalle comunità e dai governi nell’ambito della salute riproduttiva, includendo la pianificazione familiare“. La Roccella, nel suo studio, per far capire come funzionano le cose, prende in esame il caso cinese. Orbene, nel 1979 nella Repubblica Popolare Cinese viene introdotto il divieto di avere più di un figlio. Per sposarsi e per avere figli è necessaria l’autorizzazione dello Stato e quindi del partito comunista. Le donne in attesa di un secondo figlio sono costrette ad abortire. Le sanzioni, per chi contravviene, sono pesantissime: i figli vengono sottratti ai genitori e chiusi in orfanotrofi simili a campi di concentramento e con la medesima percentuale di sopravvivenza. La coppia che ha tradito la Rivoluzione viene isolata e la loro casa distrutta. Si registrano anche casi di uccisione del neonato. Così, grazie al terrore, la “disobbedienza procreativa” viene ridotta quasi a zero. La Repubblica Popolare Cinese, per il suo impegno antinatalista, merita l’appoggio dell’UNFPA, United Nations Fund for Population Activities che per anni finge di non sapere e di non riconoscere quanto le associazioni per la tutela dei diritti umani – ovviamente non legate all’ONU – denunciano. Un altro grave problema è quello delle sterilizzazioni di massa, effettuate su donne inconsapevoli, senza i necessari standard igienico sanitari e, soprattutto, senza spiegare adeguatamente che cosa significa un tale intervento per la loro vita futura. “Nonostante i rischi, però, alle donne la cosa viene presentata come una piccola operazione di routine, una ‘Band Aid surgery’, una chirurgia da cerotto”. Un’altra sproporzione rilevata nello studio citato è quella tra l’intensità dell’intervento antinatalista e quella per la tutela della maternità. Si dà il caso infatti che mentre in tutto il mondo il tasso di fertilità continua a diminuire, quello della mortalità da parto rimane sostanzialmente invariato: ogni anno nel mondo muoiono di parto ben 529.000 donne. Anche le donne incinte meriterebbero forse di godere di qualche diritto! A conclusione riferisco le parole con cui Eugenia Roccella termina il suo studio, parole condivisibili in toto e a cui non aggiungerò più nulla. “Nella retorica della libera scelta sta per confluire tutto il nuovo mercato della procreazione, attraverso il quale si arriverà alla distruzione del senso stesso della maternità e dell’essere donna. Se questo scenario desolato non si realizzerà, sarà in gran parte grazie alla resistenza del Vaticano, alla capacità di reggere alle pressioni internazionali e di mantenere il proprio radicale rifiuto di fronte a tutte la forme di manipolazione della maternità e dell’identità sessuale. L’immagine che si vuole diffondere della Chiesa come ‘grande nemica’ delle donne, andrebbe rivista e forse andrebbe rovesciata in quella di una preziosa e fedele alleata“.

 

Note:

  1. AGOSTINO CARLONI, Il fallimento dell’ONU, in “Cristianità”, 330-331, luglio-ottobre 2005, pp. 19-24.
  2. MONS. MICHEL SCHOOYANS, Il volto nascosto dell’ONU. Verso il governo mondiale, trad. it., con Prefazione di Roberto De Mattei, Roma 2004.
  3. EUGENIA ROCCELLA, LUCETTA SCARAFFIA, Contro il Cristianesimo. L’ONU e l’Unione Europea come nuova ideologia, con appendici a cura di Assuntina Morresi, Casale Monferrato 2005.

 


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