Rapporti tra Stato e Chiesa e libertà religiosa in Francia

Lezione tenuta dal dott. Andrea Menegotto martedì 23 aprile 2002

Andrea Menegotto (CESNUR)

Stato e Chiesa: rapporti, conflitti, libertà religiosa
Rapporti tra Stato e Chiesa e libertà religiosa in Francia

© aprile 2002

 

Il mio intervento dovrebbe riguardare i rapporti tra Stato e Chiesa e il tema – peraltro complesso e articolato – della e libertà religiosa in Francia. Tuttavia, la situazione francese, che cercheremo di esaminare in dettaglio, si inserisce in un quadro di carattere più generale qual è il contesto europeo, da cui non si può prescindere se si vuole adeguatamente comprendere la situazione particolare della Francia.

Come ampiamente documentato dalla pubblicazione curata dal CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), l’Enciclopedia delle Religioni in Italia (Elle Di Ci, Leumann [Torino] 2001), il pluralismo religioso caratterizza ormai anche il nostro paese, così come caratterizza gli altri paesi europei. Il fenomeno della deregulation, ovvero di quello che i sociologi chiamano “mercato religioso libero”, è relativamente recente e pone interrogativi anche ai poteri pubblici. In particolare, dopo i tragici eventi che hanno visto finire al centro dell’attenzione degli organi di polizia e dei mass media alcuni gruppi denominati dall’opinione pubblica genericamente – e con termine senza dubbio impreciso ed ambiguo – “sette”, i responsabili della pubblica sicurezza, ma anche molti giornalisti ed alcune commissioni parlamentari europee, sono andati alla ricerca di un insieme di norme per distinguere fra “sette” nocive o pericolose e gruppi religiosi innocui.

Fra gli avvenimenti tragici che hanno contribuito a creare l’”allarme sette” a livello mondiale e in Europa vanno senz’altro rubricati i suicidi-omicidi dell’Ordine del Tempio Solare negli anni 1994, 1995 e 1997, l’attentato al gas nervino compiuto nella metropolitana di Tokyo nel 1995 da alcuni seguaci della Aum Shinri-kyo, il suicidio di quasi tutti i membri di Heaven’s Gate – un culto dei dischi volanti – nel 1997 e i suicidi-omicidi del gruppo “cattolico di frangia” Restaurazione dei Dieci Comandamenti di Dio in Uganda nel 2000.

 

1. “Sette” e panici morali

L’”allarme sette”, diffusosi a vario titolo e in diversi ambienti sia su scala internazionale che europea, rende ragione del fatto che le “sette” sono state spesso studiate come obiettivo tipico di panici morali. Il concetto di “panico morale” fu sviluppato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi sociali – caratterizzati sia nella rappresentazione mediatica sia nelle istituzioni politiche da una reazione sproporzionata rispetto all’effettiva minaccia – siano ipercostruiti e generino timori esagerati. Spesso, i panici morali si fondano su statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi scientifici o accademici, rimbalzano da un mezzo di comunicazione all’altro e possono ispirare misure politiche. Secondo Philip Jenkins (uno fra i principali studiosi della questione) è da sottolineare nella gestione dei panici morali il ruolo di “imprenditori morali” che hanno qualche forma di interesse al perpetuarsi di specifici timori. Sempre secondo Jenkins “la reazione di panico non avviene a causa di una valutazione razionale della scala di una particolare minaccia”, ma è piuttosto “un risultato di timori non ben definiti che, alla fine, trovano un centro drammatico e semplificato in un singolo incidente o stereotipo, che quindi funge da simbolo visibile per la discussione e il dibattito” (1).

I panici morali peraltro non mancano mai di una qualche base obiettiva. Infatti, nessuno può negare l’oggettività del fatto che alcuni nuovi movimenti religiosi siano stati e siano tuttora responsabili di un certo numero di attività criminali, di vario tipo e di diversa gravità: da casi evidenti di truffa fino ai tragici eventi a cui abbiamo fatto cenno. Tuttavia, molti studiosi di nuovi movimenti religiosi condividono la conclusione del rapporto federale svizzero su Scientology secondo cui “l’immensa maggioranza di questi gruppi non rappresenta un pericolo per i loro membri né per lo Stato” (2). Dunque, i panici morali mentre prendono lo spunto da una base oggettiva e reale, si sviluppano attraverso esagerazioni attribuendo ad un contesto generalizzato quanto si dovrebbe invece riferire ad incidenti singoli o ad episodi gravi ma particolari. Questo è avvenuto negli Stati Uniti a partire dai drammatici episodi che hanno visto protagonisti a Jonestown i membri del Tempio del Popolo (1978) (3) e sta avvenendo in Europa dopo i fatti relativi all’Ordine del Tempio Solare (4).

 

2. I rapporti parlamentari

Rapporti di tipo I

All’interno di questo contesto, alcuni dei rapporti parlamentari e amministrativi europei prodotti dopo le vicende riguardanti l’Ordine del Tempio Solare hanno adottato un modello interpretativo teso a far crescere i panici morali piuttosto che tenerli sotto controllo. Il direttore del CESNUR, Massimo Introvigne, propone perciò una distinzione tipologica, identificando in particolare all’interno dei documenti ufficiali due categorie (5).

In questa prospettiva, possono essere definiti di “tipo I” , tra gli altri, i rapporti francesi (1996 e 1999), il rapporto belga (1997), ampie parti del rapporto del Cantone di Ginevra (1997), e certamente tutti i documenti noti dell’Osservatorio del Primo Ministro francese sulle Sette (1998) e dell’istituzione che gli è succeduta, la Missione Interministeriale per la Lotta contro le Sette (MILS). Sempre secondo il direttore del CESNUR, è possibile individuare un modello interpretativo a quattro stadi che permette di tratteggiare in maniera essenziale le linee guida di tali rapporti di tipo I.

  1. Innanzitutto il modello proclama che alcune minoranze non sono veramente “religioni” ma piuttosto “sette” o “culti distruttivi”. Dato che nell’Europa occidentale la libertà religiosa è riconosciuta come un valore, protetta costituzionalmente e da dichiarazioni internazionali, l’unico modo per discriminare legalmente una minoranza religiosa è sostenere che essa non sia affatto religiosa.
  2. In secondo luogo, il modello presuppone che quanto distingue le religioni “genuine” dai gruppi che rivendicherebbero falsamente il loro diritto ad essere definiti “religione” sia qualcosa chiamato lavaggio del cervello (brainwashing), manipolazione mentale o destabilizzazione mentale (6). Seppure le vecchie teorie sul lavaggio del cervello (dette “crude”) furono screditate nel dibattito accademico internazionale degli anni 1980 e nuove teorie – che, seppure a loro volta controverse, non rivendicano la capacità di rendere ragione del perché le persone aderiscano a certi movimenti, ma piuttosto vorrebbero spiegare perché certi gruppi possono rendere più difficile per i loro membri l’abbandono, rendendo più alti i costi di uscita – sono state proposte più recentemente, le teorie “crude” ispirano ancora ampiamente i rapporti parlamentari e amministrativi europei di tipo I.
  3. La terza caratteristica dei rapporti di tipo I riguarda la discriminazione tra le fonti, che penalizza le opere prodotte in ambito accademico e scientifico. Il rapporto belga afferma esplicitamente di essere a conoscenza delle obiezioni accademiche contro il modello del lavaggio del cervello, ma dichiara di avere optato per i resoconti delle “vittime”, intendendo indicare con questo termine gli ex-membri che si sono trasformati in oppositori attivi del gruppo che hanno lasciato (definiti dai sociologi tecnicamente – e senza alcuna connotazione offensiva – “apostati”). Ma questi, secondo le statistiche di più esperti internazionali, risultano essere una minoranza inquadrabile fra il quindici e il venti per cento, mentre la maggioranza degli ex-membri non risulta invece interessata a partecipare a campagne accusatorie contro i gruppi che ha lasciato. Oltretutto, i verbali delle udienze relative al rapporto belga mostrano che per molte “sette” la commissione incaricata ha ascoltato un numero molto limitato di ex-membri. Gli “apostati” sono di fatto una minoranza interessantissima, che deve essere attentamente presa in considerazione, tuttavia i rapporti di tipo I tendono a considerarli erroneamente come se fossero gli unici rappresentanti della categoria, molto più ampia e diversificata, degli ex-membri in generale.
  4. Alle obiezioni secondo cui gli “apostati” non sono necessariamente una fonte rappresentativa cerca di rispondere il quarto stadio del modello: essi sono pre-esaminati e selezionati da associazioni private ritenute affidabili dagli estensori del rapporto. Con buona probabilità e nella maggioranza dei casi si tratta delle organizzazioni “anti-sette” di impostazione laicista, che nell’accostamento ad un gruppo religioso, prescindendo dalla credenza (creeds), esaminano solo l’aspetto comportamentale e quantitativo (deeds), ovvero si riferiscono unicamente all’intensità “eccessiva” dell’esperienza in cui i membri del gruppo verrebbero coinvolti e invocano a sostegno delle loro teorie il concetto di lavaggio del cervello.

Il modello in quattro stadi che abbiamo illustrato svolge un ruolo importante nel perpetuare il panico morale; esso è ancora seguito da documenti e istituzioni governative in alcuni paesi europei dell’area francofona, ma può ritrovarsi occasionalmente anche altrove.

 

Rapporti di tipo II

Dal 1998 assistiamo al sorgere di un’altra generazione di rapporti e documenti (“tipo II”), in cui – seppure sussistono ancora problemi ed incertezze soprattutto relativamente alla questione del lavaggio del cervello – si presta più attenzione ai risultati degli studi accademici sui nuovi movimenti religiosi e non ci si affida unicamente alle testimonianze degli ex-membri ostili al movimento che hanno abbandonato. Rapporti di tipo II sono quello del parlamento tedesco, del Ministero degli Interni italiano, quello svizzero del Canton Ticino e della commissione svedese che si è occupata dei nuovi movimenti religiosi. In un’ottica più ampia, possono essere considerati di tipo II la parte generale sulle “sette” del rapporto svizzero su Scientology e il rapporto Berger che è stato proposto ma non votato dal Parlamento Europeo.

I rapporti di tipo II, pur menzionando ancora in taluni casi una visione datata e non condivisa dalla comunità scientifica del “lavaggio del cervello”, rappresentano almeno un buon passo in avanti sia nell’ottica dell’applicazione appropriata del diritto alla libertà religiosa sia nella valutazione reale ed equilibrata delle questioni problematiche poste all’ordine pubblico da alcuni nuovi movimenti religiosi. Rimane quanto mai opportuna una valutazione dei rischi potenziali di violenza collegati ad alcuni gruppi, tuttavia mentre gli imprenditori morali del settore si concentrano sui movimenti religiosi più rilevanti per numero di aderenti e per visibilità pubblica, le autorità di polizia di tutto il mondo chiedono agli studiosi la collaborazione per identificare quali gruppi presentino effettivi rischi per la pubblica sicurezza. Un numero crescente di studi mostra in primo luogo che gruppi relativamente piccoli che vivono isolati dalla società – talvolta ben armati – sono i più probabili candidati per azioni violente. In secondo luogo, dagli studi risulta pure che spesso questi gruppi non “finiscono male” da soli: seppure le loro idee hanno una responsabilità notevole, l’esito finale è pure il frutto delle reazioni della società di fronte alla loro presenza.

 

3. La situazione italiana

Il rapporto del Viminale sui nuovi movimenti religiosi, datato febbraio 1998, e inviato dallo stesso Ministero dell’Interno alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati il 29 aprile, prende le mosse dalla considerazione relativa al crescente “allarme sociale” nei confronti delle nuove forme di religiosità, suscitato da tragici episodi di rilievo internazionale. In particolare, sono presi in esame i rischi di “rilevanza penale” che potrebbero manifestarsi in alcuni gruppi. In questo contesto, mentre si ricordano casi piuttosto celebri verificatisi negli anni 1980 (ad esempio le vicende giudiziarie della famosa “Mamma Ebe”), il rapporto nota che in Italia, non risultano formalmente contestati delitti a nessun nuovo movimento religioso o magico. Gli allarmismi, su cui hanno fatto perno i mass-media dopo la diffusione al pubblico del documento, si sono rivelati del tutto ingiustificati, così come non ha avuto alcun senso parlare – e oggi, ad evento trascorso lo possiamo affermare a pieno titolo – di un “rischio sette” per il Giubileo, in quanto, secondo il rapporto, se è pur vero che il porsi dell’Italia al centro del palcoscenico internazionale in questa occasione avrebbe potuto comportare il rischio di azioni criminose da parte di mitomani, occorre dire che persone di questo tipo esistono anche al di fuori delle aggregazioni neo-religiose. Il documento non è privo di contraddizioni, che si possono attribuire alla pluralità di fonti e autori, come è tipico dei rapporti di polizia. Ciò è piuttosto evidente quando si fa cenno al problema del “lavaggio del cervello”. Mentre da un lato il rapporto afferma – secondo la tipica teoria anti-sette – che i nuovi movimenti religiosi adottano tecniche di manipolazione mentale, peraltro ormai screditate dalla maggioranza degli studiosi accademici, dall’altro si afferma che questo reato di fatto non risulta punibile, vista la sentenza (n. 96) della Corte Costituzionale Italiana del 9 aprile 1981, che dichiarava costituzionalmente illegittima la norma sul reato di plagio. Senza dubbio, il clamore suscitato dai mass-media intorno al documento è stato eccessivo, dal momento che lo stesso rapporto, se letto attentamente, esclude ogni allarmismo, che risulterebbe del tutto ingiustificato. In ogni caso, esso di certo non è – come i rapporti di “tipo I” – una “lista nera” delle “sette” pericolose.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, il sistema legislativo italiano, che è fondato sul “riconoscimento plurimo”, cioè sulla possibilità per diverse Chiese e religioni di accedere a forme di riconoscimento progressivamente più complete, fino all’Intesa con lo Stato – pur riconoscendo attraverso il Concordato il ruolo unico che dal punto di vista storico la Chiesa cattolica manifesta –, pare la via migliore da seguire, pur apparendo opportuno, come già il governo Prodi aveva proposto, riorganizzare in un testo unico ed ottimizzare una serie di leggi che attualmente si trovano disperse in molti testi.

 

4. La “laïcité” d’oltralpe

Mentre in altri paesi il laicismo organizzato si è ridotto a un fenomeno minoritario, nei paesi europei di area francofona, l’eredità rivoluzionaria secolare della laïcité è presa molto seriamente, tant’è vero che se fino a qualche anno fa nelle sedute dedicate ai diritti umani delle organizzazioni internazionali si spendeva qualche parola per la situazione della liberà religiosa in “aree calde” come il Tibet e alcuni paesi a maggioranza islamica, oggi fra le “aree calde” possono essere rubricate a pieno titolo paesi europei a noi vicini come il Belgio e soprattutto la Francia (7).

 

La situazione belga

Il 28 aprile 1997 una commissione di inchiesta sulle “sette” della Camera dei Rappresentanti pubblica un rapporto di circa 800 pagine accompagnato da una lista in cui si enumeravano ben 189 gruppi considerati potenzialmente pericolosi. In questa lista – che non viene votata, ma resta agli atti del rapporto ed ha ugualmente ampia diffusione sui mass media –, accanto a realtà appartenenti alla famiglia protestante (come le Assemblee di Dio), ad espressioni del mondo delle religioni tradizionali e a nuovi movimenti religiosi – compresi i gruppi satanisti – si rubricano movimenti cattolici riconosciuti ufficialmente, come il Rinnovamento Carismatico Cattolico, l’Oeuvre, la Comunità di Sant’Egidio e l’Opus Dei.

Il 19 agosto 1999, l’autorevole quotidiano fiammingo De Standard pubblica un dossier sulla massoneria nella parte francofona del Belgio, redatto da Derk Jan Eppink, in cui si dimostra che la caratterizzazione laicista propria degli ambienti massonici ha ispirato il rapporto del 1997 della commissione parlamentare. D’altra parte, la massoneria belga ha un orientamento laicista così estremo da mantenere relazioni internazionali solo con il Grande Oriente di Francia e con obbedienze minori latino-americane e di altri paesi; non è invece in comunione con le massonerie anglosassoni, che le rimproverano precisamente questo estremo anticlericalismo (8). Dopo il rapporto e nonostante una serie notevole di polemiche e rivendicazioni da parte dei gruppi religiosi accusati di essere “sette” pericolose, il governo continua ad adottare misure poliziesche per contrastare la loro diffusione. Il Centro di osservazione sulle sette previsto da una legge del 2 giugno 1998 sta per diventare operativo, anche se il suo presidente Adelbert Denaux mostra un atteggiamento moderato (9), annunciando programmaticamente l’intenzione di fornire informazioni oggettive. Sarà il Ministro della Giustizia a coordinare il lavoro, mentre il governo ha già designato un magistrato nella Corte distrettuale di prima istanza per monitorare i casi riguardanti le “sette”. Ma entrano in gioco anche i servizi di sicurezza, compilando una “lista nera” di cosiddetti movimenti pericolosi: ne figurano una cinquantina, di cui fanno parte Scientology, Sahaja Yoga, la Chiesa Universale di Dio e gruppi satanisti e apocalittici. Tuttavia, non sono chiari i criteri per definirne la pericolosità.

 

La situazione francese (10)

Nel 1995, dopo i suicidi-omicidi dei membri dell’Ordine del Tempio Solare verificatisi in Svizzera, è nata una Commissione parlamentare con il compito di studiare il fenomeno delle sette; nel rapporto finale da essa redatto, 172 gruppi vengono identificati come “sette” (ovvero “associazioni la cui struttura è ideologica e totalitaria, e il cui comportamento opprime gravemente le libertà fondamentali e l’equilibrio sociale”). Nel 1996 è stato istituito l’Osservatorio sulle Sette, un gruppo di studio interministeriale, sostituito, nel 1998, dalla Missione Interministeriale per la Lotta contro le Sette (MILS). Nel 1999 Alain Vivien, presidente della MILS – con un noto passato anticlericale e anticattolico –, afferma che la battaglia contro le sette si lega alla vecchia battaglia per il libero pensiero, per la libera coscienza e per la libera espressione, contro l’oscurantismo di un passato che non dovrebbe mai ritornare (11).

Il 10 giugno 1999 il quadro in cui si inseriscono una serie di singoli episodi di negazione della libertà religiosa è reso più chiaro dalla pubblicazione di un rapporto parlamentare di 322 pagine incentrato sulla questione del finanziamento dei “culti”, di cui sono autori i deputati Jacques Guyard, già all’origine del rapporto del 1996, e Jean-Pierre Brard (della MILS). In seguito, approvando il 16 dicembre 1999 all’unanimità una bozza di legge, il Senato francese emenda la legge del 10 gennaio 1936 e altre, inserendo “sette” e “culti” tra i soggetti da sciogliere e bandire. La legge del 1936 era stata introdotta per dissolvere o liquidare, e mettere al bando, le organizzazioni paramilitari antigovernative e le milizie private con un semplice decreto e fu utilizzata anche come strumento legislativo contro organizzazioni di estrema sinistra durante il regime di Vichy. Gruppi e organizzazioni giudicati colpevoli in almeno due casi di reati “considerati un turbamento per l’ordine pubblico o un pericolo grave per la persona umana” possono essere così sciolti. Sono presi come parametro di riferimento la lista allegata al Rapporto del 1996 e il concetto, centrale in quel rapporto, di “controllo mentale” (12).

Il 7 febbraio 2000, la MILS presenta il suo primo rapporto al premier francese Lionel Jospin: in esso sono messe all’indice le sette “totalitarie” e viene sostenuta la proposta di una legislazione che le abolisca. Il documento è decisamente controverso, tant’è vero che anche due membri della MILS (Jean-Marie Abgrall, psichiatra e perito presso i tribunali, e Daniel Groscolas, responsabile della prevenzione nelle scuole), ne contestano la stesura, che sarebbe curata dal presidente della Missione, Alain Vivien e la sua pubblicazione è vietata. Nonostante ciò, un secondo rapporto viene presentato il 22 dicembre 2000.

Ora, dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea Nazionale, il 30 maggio 2001, di una legge anti-sette (“sul rafforzamento della prevenzione e della repressione dei gruppi di natura settaria”, nota come legge About-Picard sulle sette) – entrata in vigore il 14 giugno 2001–, si assiste ad una restrizione ulteriore nei confronti delle organizzazioni religiose. L’istituzione del reato di “manipolazione mentale”, punibile con cinque anni di carcere, per chi “causa uno stato di soggezione”, è scomparso nella seconda bozza della legge, ma la sostanza è rimasta sotto altra rubrica (“abuso fraudolento in situazioni di ignoranza o di debolezza”), rendendo vulnerabili in pratica tutti i movimenti religiosi, compresi alcuni che operano all’interno della Chiesa cattolica; infatti si citano come comportamenti usuali dell’ambiente “settario” la scarsità di cibo e i ritmi inusuali di sonno e veglia, tipiche pratiche di penitenza in vigore da due millenni nella Chiesa cattolica e in quelle ortodosse. E’ scomparsa anche la norma che escludeva per le “sette” la possibilità di installare sedi e uffici vicino ad ospedali e ospizi, ma i giudici mantengono la possibilità di annullare la personalità giuridica di una “setta” che sia stata penalmente condannata più volte, allargando la responsabilità civile dei dirigenti a diversi casi.

La Conferenza Episcopale Francese, che pure guarda con preoccupazione alla diffusione dei nuovi movimenti religiosi, ha reagito contro la legge prima ancora della sua approvazione. Il numero di dicembre 2001 della rivista Il Regno riferisce che, prima della votazione, il cardinale Billè (presidente della Conferenza Episcopale) e il pastore de Clermont (presidente della Federazione protestante francese) in una lettera al primo ministro, sollecitavano ulteriori cambiamenti alla legge, notando che: (1) l’utilizzo del termine “sette” non risulta accompagnato da un’adeguata definizione; (2) permane un’eccessivo arbitrio dei giudici nel riconoscimento del reato di abuso fraudolento in casi di ignoranza o debolezza; (3) nonostante la legge abbia formalmente rimosso la questione della “manipolazione mentale”, di fatto molti punti del testo conservano concettualmente l’idea di questo “reato”. Come ha sottolineato anche monsignor Jean Vernette, segretario del Servizio nazionale Pastorale, sette e nuove credenze, la Chiesa cattolica è preoccupata dell’utilizzo che la legge potrebbe avere come strumento di eliminazione della libertà religiosa in generale e, al di là della specifica questione delle “sette”, la stessa Chiesa cattolica rischierebbe in tal senso e potrebbe essere accusata di “manipolazione”. Lo stesso monsignore, in una lettera datata 15 gennaio 2001 e riportata da Il Regno (luglio 2001) scrive: “La proposta di legge riguarda unicamente i gruppi sospetti. Ma in base a quali criteri si deciderà in merito? Chi deciderà che un determinato gruppo “compie atti che hanno come scopo la produzione o lo sfruttamento della dipendenza psicologica o fisica delle persone?” […] L’attuale sentimento democratico della Francia ritiene, ad esempio, che il noviziato o la clausura delle congregazioni religiose, le pratiche ascetiche, i voti di obbedienza e povertà, la direzione spirituale e gli esercizi spirituali non siano attività finalizzate a tale scopo. Ma il sentimento può cambiare e le disposizioni penali possono restare […] Alla fine dei conti, il giudice si baserebbe certamente sulla propria convinzione personale. Ma ciò che per il credente è direzione spirituale o ascesi può apparire a un altro “sfruttamento della dipendenza fisica o psichica”. […] Una circolare ministeriale invita i magistrati a rivolgersi, per “stabilire le modalità di segnalazione di atti a carattere potenzialmente penale” a un’associazione (il Centro Roger Ikor, altresì noto come Centro contro la manipolazione mentale) che elenca fra le sette potenzialmente pericolose alcuni gruppi pienamente riconosciuti dalla Chiesa cattolica (focolarini, cammino neocatecumenale, Opus Dei, Legionari di Cristo, ecc). […] Questo nuovo fatto conferma purtroppo il desiderio di certe persone di servirsi della lotta contro le sette per lottare contro la religione”.

La legge, che è stata accolta in termini entusiastici in Cina, desta preoccupazione fra i responsabili dei principali gruppi religiosi e presso l’Amministrazione americana (13). Un appello al ritiro della legge è stato fatto dalla Federazione di Helsinki per i diritti umani.

Intanto, il 6 settembre 2001, presso la Cité Sainte de Mandarom Shambasalem a Castellane (nelle Alpi provenzali) – ove si trova il monastero del Mandarom –, in conseguenza di un’ordinanza della Corte d’Appello di Aix-en-Provance del 15 giugno 1999, confermata dalla cassazione francese il 20 giugno 2000, gli artificieri hanno fatto esplodere la statua – alta 33 metri – del Messia Cosmoplanetario, consacrata il 22 agosto 1990 e corrispondente a uno dei simboli fondamentali della Religione Aumista (14).

 

5. Considerazioni conclusive

Come sottolinea il Magistero cattolico, soprattutto nella Dichiarazione – del Concilio Vaticano II – sulla libertà religiosa “Dignitatis humanae” (7 dicembre 1965), la libertà religiosa è un valore irrinunciabile per la persona umana. Lo stesso pontefice Giovanni Paolo II, ricevendo il 10 giugno 2000 le credenziali del nuovo ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Alain Dejammet, riteneva opportuno richiamare con vigore il principio secondo cui “il primo dei diritti dell’uomo è la libertà religiosa nel senso pieno del termine: una libertà che non sia ridotta alla sola sfera privata” e la cui negazione “non può che generare un clima di tensione, di intolleranza, di opposizione e di sospetto poco propizio alla pace sociale”.

La libertà religiosa ha naturalmente dei limiti oggettivi, i quali non potrebbero però derivare da una nozione positivistica di “ordine pubblico” come semplice insieme delle leggi esistenti, come evidenzia il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2109: “Il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato, né limitato semplicemente da un ordine pubblico concepito secondo un criterio “positivistico” o “naturalistico”. I “giusti limiti” che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall’autorità civile secondo “norme giuridiche conformi all’ordine morale oggettivo””.

Solo la raccolta di dati assolutamente attendibili potrà permettere di rispondere a quesiti di non immediata soluzione, soprattutto nei casi in cui – tanto più quando si tratta di minoranze “esotiche” o impopolari – rischiano di prevalere spinte emotive non supportate da una reale conoscenza di problemi e movimenti.

 

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Note:

1. Philip Jenkins, Pedophiles and Priests. Anatomy of a Contemporary Crisis, Oxford University Press, New York – Oxford, 1996, p. 170.2. La Scientologie en Suisse. Rapport préparé à l’intention de la Commission Consultative en matière de protection de l’État, Département Fédéral de Justice et de Police, Berna 1998, pp. 132-133.3. Cfr. Massimo Introvigne, Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare, Mimep-Docete, Pessano (Milano) 1995.4. Cfr. Jean-François Mayer, Il Tempio Solare, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.5. Cfr. M. Introvigne, “Chi ha paura delle minoranze religiose? La costruzione sociale di un panico morale”, La Critica Sociologica 127 (autunno 1998, agosto-novembre), pp. 1-12, disponibile – in versione preliminare – sul sito del CESNUR all’URL http://www.cesnur.org/testi/panici98.htm; “Disinformazione, minoranze religiose e pluralismo religioso”, tr. it. della relazione all’Incontro supplementare sulla libertà di religione, organizzato a Vienna dall’OSCE (Organizzazione per la Cooperazione e la sicurezza in Europa) il 22 marzo 1999, in Cristianità anno XXVII – n. 287-288, marzo-aprile 1999, pp. 5-10; disponibile anche sul sito del CESNUR: http://www.cesnur.org/testi/Vienna_it.htm e, dello stesso autore, cfr. pure “Il fantasma della libertà. Le controversie sulle “sette” e i nuovi movimenti religiosi in Europa”, in Cristianità anno XXV – n. 264, aprile 1997, pp. 13-26. Sui due tipi di rapporti parlamentari cfr., inoltre: James T. Richardson – Massimo Introvigne , “”Brainwashing Theories” in European Parliamentary and Administrative Reports on “Cults” and “Sects””, in Journal for the Scientific Study of Religion, vol. 40 n. 2 (June 2001), pp. 143-168. 6. Su cui cfr. l’approfondito studio di M. Introvigne, Il lavaggio del cervello: realtà o mito?, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 2002.7. Per una situazione sulla libertà religiosa a livello mondiale: cfr. ACS (Aiuto alla Chiesa che Soffre), Rapporto 2001 sulla Libertà Religiosa nel Mondo, Quaderni della Chiesa che Soffre, Roma 2001. In particolare, sul Belgio cfr. pp. 29-31 e sulla Francia: pp. 48-53. E’ in preparazione il Rapporto 2002.8. In generale, sulla massoneria: cfr. M. Introvigne, La massoneria, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997, CESNUR (a cura di M. Introvigne), Massoneria e religioni, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994. Sul rapporto fra massoneria e nuovi movimenti religiosi e magici, cfr. il mio “Massoneria e nuove religioni“. Relazione presentata al Convegno annuale di “Una voce grida…!” – Regione Lombardia “Massoneria, cattolici e cultura: che dire?” – Barza d’Ispra (Varese), 13 – 14 marzo 1999, disponibile in Internet all’URL http://utenti.lycos.it/unavocegrida1/massoneria/mas_nuove-rel.htm.9. Un’intervista a Denaux è disponibile sul sito del CESNUR : http://www.cesnur.org/2001/london2001/denaux.htm.10. Il sito del CESNUR ha attivato una pagina speciale, costantemente aggiornata, sulla situazione francese: http://www.cesnur.org/testi/fr2K_index.htm.11. Cfr. il reportsul sito del CESNUR:http://www.cesnur.org/testi/FECRIS.htm. Un importante contributo per la comprensione della questione francese è quello della nota sociologa delle religioni francese Danièle Hervieu-Lèger, La Religion en miettes ou la question des sectes, Calmann-Lévy, Parigi 2001, commentato e recensito da M. Introvigne, “Perché in Francia? Un commento a “La Religion en miettes ou la question des sectes” di Danièle Hervieu-Léger”, in Cristianità, anno XXIX, n. 306, luglio-agosto 2001, pp. 3-14, disponibile pure sul sito del CESNUR all’URL http://www.cesnur.org/2001/fr_mi_march01.htm. L’opera della Hervieu-Léger aiuta, fra l’altro, a comprendere le ragioni storiche e sociali per cui in Francia vengono adottate misure impensabili in altri paesi europei. Dietro alle controversie recenti ci sono problemi storici e culturali che risalgono alla Rivoluzione Francese: infatti, benché forme di anticlericalismo e di laicismo non siano assenti neppure altrove, non vi è dubbio che l’avversione alla religione nell’area francofona in genere, e in Francia in particolare, assuma contorni del tutto particolari. La laïcité alla francese è accompagnata – da oltre due secoli – da quello che Danièle Hervieu-Léger definisce “il desiderio più o meno chiaramente espresso “di strappare le coscienze all’influenza di rappresentazioni giudicate radicalmente contraddittorie con la ragione e l’autonomia”: un desiderio che nutre una diffidenza viscerale (per quanto raramente esplicitata) nei confronti della credenza religiosa come tale” (D. Hervieu-Léger, op. cit., p. 22). Il laicismo aggressivo, che affonda le sue radici nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese, non è rimasto un semplice atteggiamento culturale, ma ha influenzato ampiamente le istituzioni. Oltretutto – come nota la stessa sociologa – la legislazione francese in tema di religione, che risale alla Rivoluzione ed è nelle sue grandi linee tuttora in vigore, ha una specifica intenzione di “lotta contro il monopolio simbolico e le influenze politiche della Chiesa romana” (p. 25).12. Sul punto cfr. M. Introvigne, “Francia – “Soluzione finale” contro i “culti” e le “sette”? Il Senato approva una legge draconiana (16 dicembre 1999), disponibile sul sito del CESNUR all’URL http://www.cesnur.org/testi/finalsol_it.htm. Del medesimo autore si veda pure, in una prospettiva critica, la Lettera aperta al Signor Raymond Forni, Presidente dell’Assemblea Nazionale Francese (29 settembre 2001), all’URL http://www.cesnur.org/2001/fr_sept05_it.htm.13. Cfr. U.S. State Department, 2001 Religious Freedom Report, in part. la sessione sulla Francia consultabile all’URL http://www.state.gov/g/drl/rls/irf/2001/5646.htm.14. Sulla Religione Aumista si veda la relativa voce in CESNUR, Enciclopedia delle Religioni in Italia, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 2001, pp. 787-790.