n. 107 — dicembre 2025

15. Dicembre 2025 IN HOC SIGNO 0

 

Cari amici,

con questo numero di IN HOC SIGNO – e con i più sentiti auguri per un Santo Natale e per un buon 2026 – Alleanza Cattolica in Ferrara vi propone la relazione «Leggiamo il Magistero della Chiesa. Gli ultimi documenti del 2025» tenuta nell’ambito della Iniziativa San Maurelio di Alleanza Cattolica in Ferrara dalla dott. Chiara Mantovani il 1° dicembre 2025.

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«Leggiamo il Magistero della Chiesa. Gli ultimi documenti del 2025»

dott. Chiara Mantovani

Il fondatore di Alleanza Cattolica Giovanni Cantoni ci ha sempre raccomandato di non accontentarci dei titoli dei giornali, o delle brevi sintesi, ma di leggere i testi del Magistero, facendoci notare come i commentatori, spesso per l’incapacità di cogliere il succo del discorso – a volte purtroppo anche per malizia – non ci trasmettono il cuore del messaggio che invece la Chiesa vuole portarci.

Ma perché questa attenzione al Magistero da parte di Giovanni Cantoni e di Alleanza Cattolica? Innanzitutto perché riconosciamo la Chiesa “Mater et Magistra” (cfr l’enciclica di san Giovanni XXIII) non con cieca sottomissione, ma per una obbedienza amorevole, che è quella che madri e padri desiderano avere dai loro figli. Riconoscere la paternità di Dio e la maternità della Chiesa (di cui figura è Maria SS.ma) è uno degli atti più contro-rivoluzionari che possiamo compiere, perché si tratta di riconoscere una dipendenza, non imposta ma di natura, e riconoscere che l’insegnamento della Chiesa è una modalità di manifestare la grandezza la sapienza ma soprattutto la misericordia di Dio.

Ecco dunque che diamo rilevanza al Magistero della Chiesa, soprattutto ai temi che maggiormente si collegano con la Dottrina sociale, intesa in senso ampio, come delineato da Benedetto XVI quando ha affermato che la questione sociale oggi è eminentemente questione antropologica. Aggiungiamo “bio-politica” (esempio: legge sul fine vita e suicidio assistito), per la sua incidenza nella vita concreta ma anche nella mentalità che la plasma.

Tutto il Magistero è importante ma non su tutto il Magistero abbiamo qualcosa da dire. Per esempio quest’anno 2025 sono usciti documenti importanti della Congregazione per la Dottrina della Fede, ultimi la Mater Populi fidelis, Nota dottrinale su alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria all’opera della salvezza, e la Una caro, un elogio della monogamia, Nota dottrinale sul valore del matrimonio come unione esclusiva e appartenenza reciproca. Una felice ripresa della santità e indissolubilità del Matrimonio, contro il cosiddetto “poliamore”.

Su questi due ultimi pronunciamenti, controfirmati dal Pontefice, possiamo parlarne come personale accordo o dissonanza emotiva, ma non abbiamo nessun particolare titolo per intervenire. Laddove, invece, si trattino temi che abbiamo studiato e approfondito (la Dottrina sociale in specie) il nostro “parlare” assume la forma dello studio e della diffusione nei modi e con gli stili che ci sono propri. Mi può dispiacere che il Sant’Uffizio insieme al Papa (ovvero i cardinali delegati e investiti del compito di assistere il Regnante Pontefice in merito alla salvaguardia della Fede nel popolo cristiano e all’annuncio della Salvezza) non ritengano giunto il momento di proclamare un nuovo dogma che mi piacerebbe tanto fosse proclamato, ma riconosco che la discussione teologica non è compito mio né fa parte del compito assunto da Alleanza Cattolica e riconosciuto ad essa dalla Chiesa quando la ha inserita nel suo tessuto ecclesiale.

Differentemente, posso compiutamente rallegrarmi di tutte le occasioni in cui il Papa ha detto cose o fatto gesti che, in qualsiasi modo, la mia sensibilità associativa riconosce come una tessera in più da condividere affinché il maggior numero di persone riescano a far coincidere la propria vita concreta con la propria fede professata. Giovanni Cantoni era categorico su questo punto e ci diceva che se Alleanza Cattolica non ci serve per essere cristiani migliori non è il posto per  noi.

Allora accogliamo con gratitudine questo papa che quotidianamente ci offre motivi e gesti di profonda consonanza e incoraggiamento.

Nella Lettera Apostolica Disegnare nuove mappe di speranza del 27 ottobre 2025, sessantesimo anniversario della Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis, troviamo questa citazione: «Dio gli disse: “Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente (1 Re 3, 11-12)».

Questa Lettera apostolica ha una densità di pensiero e una profondità di spirito che ci mette dinanzi a quello che è già – e sarà probabilmente sempre di più – uno dei temi centrali del Magistero di papa Leone XIV. Dopo averla letta integralmente invito a soffermarsi su un passaggio particolare al paragrafo 3.1, per lasciarlo risuonare nel nostro animo:

«E bisogna anche fare attenzione a non cadere nell’illuminismo di una fides che fa pendant esclusivamente con la ratio. Occorre uscire dalle secche col recuperare una visione empatica e aperta a capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento. Per questo non si devono separare il desiderio e il cuore dalla conoscenza: significherebbe spezzare la persona».

L’immagine della persona spezzata tra una fede intellettualistica o sentimentale (due facce della stessa medaglia antistorica), avulsa dalla realtà, e una ragione calcolatrice, spietata nel sottolinearne le debolezze, dà perfettamente conto della condizione contemporanea. Per questo è necessario che il cuore faccia da mediatore, per riannodare quel dialogo interiore perduto, strozzato da un individualismo soffocante.

Il Papa però non si limita a ribadire una preoccupazione che conosciamo bene, ma subito dopo, sempre nel paragrafo terzo intitolato La tradizione viva, fa riferimento a san John Henry Newman (1801-1890), che nei suoi raffinati studi filosofici e teologici ha approfondito, come pochi altri in questi ultimi due secoli, la vita della coscienza e la sua educazione.

Il termine “coscienza”, non è un rottame del passato oppure qualcosa che può essere ormai facilmente simulato da intelligenze artificiali alla moda, bensì è il nome sintetico, ricco di tradizione viva, di un luogo reale in cui fede, ragione e cuore dialogano alla ricerca della verità. In questo senso, nella Lettera Apostolica, il riferimento alla coscienza più pregnante (la parola qui compare quattro volte) è la citazione della Gravissimun educationis, la Dichiarazione sull’educazione cristiana del Concilio Vaticano II che compie 60 anni e che ha fornito l’occasione per questo documento, quando al paragrafo 6.1 si ricorda che lo Stato, oltre alla famiglia, deve considerare «un “diritto sacro” l’offerta di una formazione che consenta agli studenti di “valutare i valori morali con retta coscienza”».

Si può dunque arrivare tutti alla verità, a condizione però che la coscienza sia “retta”, cioè educata secondo i principi oggettivi della Legge naturale e del Magistero della Chiesa + la retta ragione. Non la verità impugnata nella malafede o nell’utilitarismo de  “il fine giustifica i mezzi”.  E qui si apre il mondo di san Giovanni Paolo II e quello dell’alleanza della ragione con la saggezza eterna di san Louis-Marie Grignion de Montfort.

San John Henry Newman è stato il maestro della retta coscienza in un’epoca in cui il relativismo cominciava ad essere sempre più aggressivo e devastante. Nella cultura teologica della sua epoca si chiamava “liberalismo”, ben descritto nel Biglietto speech, il discorso pronunciato in occasione dell’elevazione alla dignità cardinalizia, e proprio il suo appassionato desiderio di ascoltare e obbedire alla coscienza lo ha portato ad abbandonare la Chiesa anglicana in cui era cresciuto e dove aveva raggiunto alti livelli di responsabilità, per abbracciare alfine la pienezza della verità della Chiesa cattolica.

Riscoprire dunque l’importanza e la bellezza di una educazione ordinata alla retta ragione sembra essere uno dei punti qualificanti di questo inizio pontificato. Riprendendo la bella preghiera del re Salomone nel libro dei Re, chiediamo per noi e per chi ha responsabilità politiche, che il Signore conceda un “cuore intelligente” come scrive l’autore biblico. In fondo un altro modo, più poetico, per dire “retta coscienza”.

Il 23 novembre, nella solennità di Cristo Re dell’Universo e alla vigilia del suo viaggio apostolico in Turchia e in Libano, Leone XIV ha annunciato la pubblicazione della Lettera Apostolica In Unitate fidei, che ricorda il 1700° anniversario della celebrazione del Concilio di Nicea.

Il testo intreccia almeno quattro dimensioni: teologico-dottrinale, storico-culturale, spirituale ed ecclesiale. Ricordare il primo evento ecumenico della storia della Chiesa richiama la centralità della fede in Gesù Cristo che «merita di essere confessata ed approfondita in maniera sempre nuova e attuale» (n. 1). I padri conciliari di Nicea, restando fedeli all’insegnamento biblico e al realismo dell’Incarnazione, confessarono che Dio non è lontano da noi, ma si è fatto vicino grazie all’Incarnazione di Gesù Cristo, suo Figlio, vero Dio e vero uomo. Dio è luce e il Figlio di Dio è il riflesso di questa Luce e l’immagine del suo Essere. Egli parla e agisce nella storia, tanto che il Figlio del Dio vivente da Dio che era divenne uomo, e non viceversa, per salvarci. Nessun uomo può compiere la salvezza se non Dio stesso, che sceglie la via dell’abbassamento, dello “svuotamento”, assumendo la condizione di servo, affinché, tramite la redenzione, elevasse l’uomo fino a Dio: «La divinizzazione è quindi la vera umanizzazione» (n. 7).

Questa professione di fede dovette essere formulata in maniera chiara per ribadire ciò che la comunità apostolica sin dalla Resurrezione e dalla Pentecoste aveva creduto indefettibilmente, essendo messa in discussione dall’eresia di Ario (256-336), un presbitero di Alessandria d’Egitto. Egli sosteneva che Gesù Cristo non è veramente Dio e neanche semplice creatura, ma un essere intermedio. I cristiani avevano ottenuto da poco, con l’Editto di Milano (313), la libertà di culto, e l’imperatore Costantino si rese conto che con l’unità della Chiesa fosse anche in pericolo l’unità dell’Impero, ragion per cui convocò nel 325 tutti i vescovi a Nicea in un Concilio universale per stabilire la verità. I Padri non ebbero dubbi a confessare la fede presente nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, approfondendo ed esplicitando la professione di fede del Credo degli Apostoli in uso nella Chiesa di Roma e spiegarono tale mistero usando i termini ousia (sostanza) e homooúsios (della stessa sostanza). 

Qui inizia la riflessione che conduce al “filioque” e qui nasce la definizione di persona. Ciò non ellenizzò la rivelazione biblica, ma elevò gli stessi termini per esprimere il mistero del Figlio di Dio. Non un’opera di razionalizzazione del mistero, cosa fatta da Ario, ma una spiegazione necessaria attraverso una trans-significazione degli stessi termini greci.

Tuttavia, gli ariani non solo continuarono a diffondere le loro dottrine, ma esse trovarono anche sostegno nella corte imperiale. Il post-concilio di Nicea fu un momento molto turbolento, tanto da essere definito da san Basilio di Cesarea (330-379) come una battaglia navale notturna in una violenta tempesta. Grande difensore della fede nicena fu il vescovo Atanasio (+ 373), che succedette ad Alessandro. Più volte esiliato dalla sede episcopale, non cedette al compromesso e guidò i suoi fedeli nella vera fede. Grazie all’impegno di sant’Atanasio poté nascere una generazione nuova di cristiani, sia in Oriente che in Occidente, che diffusero e approfondirono la fede cristologica e anche il dogma della Trinità, fino al compimento di questo cammino nel Primo Concilio di Costantinopoli (381). Il Credo niceno-costantinopolitano è riconosciuto oggi dalla Chiesa Cattolica, da quella Ortodossa e anche dalle comunità ecclesiali nate dalla Riforma del XVI secolo come la base comune della fede cristiana.

Che cosa si ricava da questa storia di fede per i credenti e la Chiesa di oggi? Innanzitutto dobbiamo ricordare che la liturgia e la vita cristiana sono strettamente ancorate alle verità di fede del Concilio di Nicea, ma ancora di più che Gesù è il Signore della nostra vita, il Redentore, e che seguirlo significa impegnare i nostri passi sulla via della croce. Sperimentando l’amore e la misericordia di Dio siamo capaci di donarli al prossimo e al mondo e «dobbiamo quindi chiederci: che ne è della ricezione interiore del Credo oggi? Sentiamo che riguarda anche la nostra situazione odierna? Comprendiamo e viviamo ciò che diciamo ogni domenica, e che cosa significa ciò che diciamo per la nostra vita? […] Che cosa significa Dio per me e come testimonio la fede in Lui? L’unico e solo Dio è davvero il Signore della vita, oppure ci sono idoli più importanti di Dio e dei suoi comandamenti? Dio è per me il Dio vivente, vicino in ogni situazione, il Padre a cui mi rivolgo con fiducia filiale? È il Creatore a cui devo tutto ciò che sono e che ho, le cui tracce posso trovare in ogni creatura? Sono disposto a condividere i beni della terra, che appartengono a tutti, in modo giusto ed equo? Come tratto il creato, che è opera delle sue mani? Ne faccio uso con riverenza e gratitudine, oppure lo sfrutto, lo distruggo, invece di custodirlo e coltivarlo come casa comune dell’umanità?» (nn.9-10).

Per la Chiesa, il Concilio di Nicea è attuale per il suo valore ecumenico e ciò lo lega anche al Concilio Vaticano II (1962-1965), che ha focalizzato in maniera speciale l’attenzione sull’unità dei cristiani, tematizzata anche trent’anni orsono nell’Enciclica Ut unum sint (1995) di san Giovanni Paolo II (1978-2005). Su questa via, avviata già da sessant’anni, è stato fatto un percorso di riconoscimento reciproco: si condivide la memoria dei tanti martiri e, proprio grazie alla base comune della fede, quella espressa dal Credo niceno, lo Spirito spinge a continuare il cammino, perché alla luce della Trinità si giunga all’unità nella legittima diversità: «Questo non significa un ecumenismo di ritorno allo stato precedente le divisioni, né un riconoscimento reciproco dell’attuale status quo della diversità delle Chiese e delle Comunità ecclesiali, ma piuttosto un ecumenismo rivolto al futuro, di riconciliazione sulla via del dialogo, di scambio dei nostri doni e patrimoni spirituali. Il ristabilimento dell’unità tra i cristiani non ci rende più poveri, anzi, ci arricchisce» (n.12).

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Gli incontri della INIZIATIVA SAN MAURELIO — che si svolgono a Ferrara nella sede di Alleanza Cattolica in via Boiardo 14 ogni lunedì non festivo dalle ore 21 alle 22,30 con la recita di una corona del santo Rosario seguita da una delle attività previste nel programma consultabile sul nostro sito alla pagina https://www.scuoladieducazionecivile.org/iniziativa-san-maurelio/ — ora sospesi per le feste natalizie, riprenderanno lunedì 12 gennaio.
Tutti gli amici che si trovano in zona sono invitati!
Ad maiorem Dei gloriam et socialem
Alleanza Cattolica in Ferrara