n. 63. Aprile 2022

24. Aprile 2022 IN HOC SIGNO 0

Cari amici,
il 20 novembre 2021 Alleanza Cattolica in Ferrara ha organizzato un incontro svoltosi nella chiesa parrocchiale cittadina di Santo Spirito sul tema della Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Due gli interventi, presentati dal  parroco padre Massimiliano Degasperi F. I.: il primo di Renato Cirelli e il secondo di padre Immacolato Acquali, anch’egli Francescano dell’Immacolata ed ex parroco della stessa parrocchia. Ha infine concluso con un breve intervento il dirigente di Alleanza Cattolica prof. Leonardo Gallotta.
Nei mesi scorsi vi abbiamo proposto i testi — tratti dalla registrazione audio e non rivisti dall’autore — delle prime tre parti dell’intervento di padre Immacolato Acquali F. I., pubblicate nel sito http://www.scuoladieducazionecivile.org:

1. La natura teandrica della Chiesa
2. La struttura della cristianità
3. La nascita delle nazioni cristiane.

Oggi vi inviamo il testo della quarta parte «Rapporti e conflitti tra Chiesa e Stato».

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padre Immacolato Acquali F. I.

20 novembre 2021 – chiesa di Santo Spirito

La regalità sociale
di Nostro Signore Gesù Cristo

 

4. Rapporti e conflitti tra Chiesa e Stato

La stretta compenetrazione tra sfera religiosa e sfera statale e politica conosce delle dimensioni e dei risvolti problematici. Diventa quasi un tutt’uno che a volte quasi non si capisce più chi ha autorità nella sfera del religioso: se il principe in quanto cristiano quindi tutelare della pace e del bene comune e quindi anche del bene delle anime nel suo risvolto politico, oppure l’autorità ecclesiastica. La simbiosi diventa talmente profonda che comincia a diventare problematica, nel senso che la Chiesa e lo Stato si fondono nel modo in cui si struttura la società del tempo, che è il feudalesimo. Quindi non si capisce più dove inizia la Chiesa e dove inizia lo Stato.

Questo è un problema profondo; apparentemente potrebbe essere per noi un vantaggio, perché la sfera del pubblico sembra essere tutta cristiana, ma attenzione, c’è il problema della libertas Ecclesiae. A un certo punto su alcune materie solo la Chiesa è competente a parlare e a decidere, non può essere lo Stato. Ecco che si apre la grande conflittualità che segna un passaggio decisivo nella storia dell’Occidente fra l’autorità politica che, attenzione, non è un’autorità politica marxista, illuministica, massonica; gli imperatori medioevali sono cattolici! Ma vogliono decidere un po’ troppo su ciò che compete alla Chiesa. Ci sono materie dove solo la Chiesa può decidere.

Si verificava un problema di doppia appartenenza: c’era il vescovo, che in quanto feudatario dell’imperatore doveva rispondere all’imperatore, ma in quanto vescovo doveva obbedienza al Papa, per cui si creava un corto circuito pericolosissimo. La Chiesa capisce che ne va della sua sopravvivenza e della sua autorevolezza, ed entra in contrasto con gli imperatori cattolici; non cede su punti qualificanti. È da allora, dalla riforma gregoriana, che solo gli ecclesiastici possono eleggere il papa; non è una cosa che c’è stata fin dall’inizio che solo i vescovi possono essere eletti dal papa; che si mette il punto finale sulla questione che i preti possano essere sposati. Nella mia diocesi di appartenenza, quella di Milano, il clero nell’Alto Medioevo era spessissimo uxorato, con dei problemi enormi anche di tutela del patrimonio ecclesiastico. Era pacifico. La diocesi di Milano sarà la più grande oppositrice della riforma gregoriana; la più profonda opposizione della riforma gregoriana viene dal Nord Italia, in particolare proprio dalla Lombardia, perché i vescovi lombardi erano i più intrecciati con la loro autorità, ricchezze e proprietà all’impero.

E che cosa avviene in questo passaggio? Avviene qualcosa che siamo stati noi ad inventare: la dimensione democratica; la dimensione di una decisione partecipata alle scelte che interessano la comunità. I primi parlamenti nascono per opera della Chiesa, proprio per dare un freno a una volontà particolarmente invadente e assolutistica di imperatori, re e autorità pubbliche cattoliche, quindi non ostili per principio alla Chiesa.

La Magna Charta in Inghilterra è di ispirazione ecclesiastica, perché i baroni potessero mettere un freno all’autorità del re che non poteva diventare troppo ampia, perché la Chiesa avvertiva questa dimensione più assolutistica del potere dei re come una minaccia potenziale anche al cristianesimo e alla verità che la Chiesa insegnava.

L’Europa del Medioevo non era più ricca dell’Oriente né della Cina, non era ancora più sviluppata, come oggi che siamo abituati ad un primato dell’Occidente; era una parte limitata ma aveva una unicità, aveva la presenza di un principio democratico, in un senso però cristiano del termine, un principio di libertà che non lede la verità della persona e la sua dignità: la libertà siamo noi che l’abbiamo inventata! Attenzione a non regalare una cosa così peculiare e grande dell’Occidente a chi non ha fatto nulla per cogliere appieno l’eredità dello sviluppo partito dal mondo greco-romano. La Chiesa sfruttando proprio il patrimonio del diritto romano, partendo da una verità che esisteva nel corpus iuris di Giustiniano, «Quod omnes tangit, ab omnibus tractari et approbari debet» struttura la partecipazione di una dimensione collettiva alle scelte di una comunità per il bene comune. È una invenzione peculiare del cristianesimo. Proprio nostra.

La libertà è una sfida che può sempre tendere a diventare libero arbitrio, e quella nostra creazione è diventata patrimonio di persone che non sono cristiane e che la usano per portare non il corpo collettivo a riconoscere sempre più la libertà vera della persona, per comprendere sempre più la verità sulla persona umana alla luce della retta ragione, se non della fede che va abbracciata nella libertà.

È importante sottolinearlo: il raccordo fra la fede e la dimensione del Regno in ultima analisi intacca il modo essenziale le verità naturali; poi il fatto che tu possa credere o no, lo dobbiamo ricordare, è una scelta libera, che non può mai avvenire per costrizione. Non c’è nessun regno che ti può far diventare buon cattolico. La politica può fare una cornice di protezione, questo sì; in questo senso i governi non sono tutti uguali, ma il tassello finale è nella libertà della persona. Se io voglio essere un ateo lo potevo essere anche (e infatti c’erano gli eretici) anche nel Milleduecento, che è stato il secolo in cui la cristianità medioevale ha raggiunto il suo culmine, il suo splendore più grande. Quindi in ultima analisi non c’è un rapporto strutturale fra la dimensione della salvezza e della fede e la dimensione della politica, altrimenti la salvezza dipenderebbe dalla politica. Noi non possiamo accettare questo perché non è vero; non solo non è opportuno, non è vero. Non può farmi diventare cattolico uno stato, perché l’essere cattolico, e a maggior ragione il farmi santo, che è un fine vero e non semplicemente di rimanere cattolico ma di conformarmi sempre di più a Cristo, è un fatto che riguarda la mia libertà personale. Ecco perché la Chiesa oggi non può (e non ha mai, per la verità) riconosciuto una dimensione cogente alla conversione che deve avvenire nella libertà.

La libertà che la Chiesa condanna nell’Ottocento non è la libertà apparentemente sdoganata oggi: la suppositiodel termine è diversa. La libertà che la Chiesa condanna nell’Ottocento è la libertà di un libero arbitrio assoluto, anche in campo religioso, nel senso che qualsiasi credo è cogente alla mia coscienza indipendentemente dal fatto che sia vero o no. Questa libertà la Chiesa non potrà mai tollerarla. Tu devi aderire alla verità in proporzione a quanto la conosci. È un obbligo morale.

Quello che la Chiesa invece apparentemente appoggia è la libertà nel foro esterno, cioè: tu, se non aderisci alla verità che conosci, vai all’inferno (se non ci sono attenuanti). Ma non per questo devi essere costretto nei tuoi diritti civili. Questa verità è importante da riconoscere perché il cristianesimo non è diffuso in nazioni dove potenzialmente sono tutti cattolici. Io ho dei confratelli, nella comunità in cui vivo, che vengono dalle nostre missioni africane, dove si vive fianco a fianco con i musulmani; sono loro connazionali, hanno con loro in comune una identità nazionale, e quindi che cosa ovviamente accade: che non si può imporre il cristianesimo ai musulmani, cioè si presenta il problema della convivenza con delle libertà che non riconoscono la verità di Cristo.

Noi non sappiamo quanto queste persone intuiscano della verità di Cristo; non sappiamo nulla di come è messa la loro anima. Se conoscono la verità di Cristo e la rifiutano perché c’è un indurimento del cuore… se la vedranno con il giudizio di Dio. Tanto tu conosci della verità, tanto devi rispondere della tua adesione ad essa. Ma non possiamo dire “sei musulmano e non puoi votare”, anche se in assoluto sarebbe meglio se votassero solo i cristiani, perché probabilmente quelle nazioni conoscerebbero giorni migliori; ma non è fattibile. L’ottimo non è possibile da mettere in pratica perché solleverebbe più problemi di quanti andrebbe a risolvere.

L’ampliamento del cristianesimo nel mondo fa sì che la Chiesa nel suo cammino incontri delle situazioni che non sono più paragonabili all’omogeneità culturale che ha incontrato nell’Europa nel corso dei secoli scorsi. È un problema diverso che non si può risolvere, se mi consentite il paradosso, in un modo scientifico, ma in un modo “di arte”, secondo la convenienza e le possibilità di ogni caso concreto, partendo da due princìpi: il principio che il cristiano deve ubbidire, quando le materie diventano decisive, alla Chiesa e non allo Stato, e che la Chiesa deve essere libera nella sua azione di evangelizzazione. Questi due pilastri sono ineliminabili, il resto è materia contingente e laddove si incontrano situazioni diverse deve essere regolata secondo la prudenza del caso concreto.

Quello che deve vincere la resistenza, la non disponibilità ad aderire alla verità di Cristo, in quel caso è solo la nostra santità, la nostra testimonianza, ed è qui allora che entra in gioco la regalità di Cristo nei nostri cuori. Lì la dimensione essenziale è quella della tua santità, come singolo, come comunità parrocchiale, come diocesi, come Chiesa nazionale che vive in quel particolare contesto, mentre invece il “muro contro muro” non aiuta assolutamente.

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Ad maiorem Dei gloriam et socialem

Alleanza Cattolica in Ferrara