n. 27 – aprile 2019

20. Aprile 2019 IN HOC SIGNO 0

Cari amici,

ancora una volta vogliamo riproporre, in questo numero della rubrica IN HOC SIGNO, un frammento dell’indimenticabile magistero del cardinale Carlo Caffarra, che fu Arcivescovo di Ferrara per oltre otto anni, dal novembre 1995 al febbraio 2004.
Lo facciamo in occasione anche del “lancio” del «Comitato “Cardinale Carlo Caffarra”», fondato il gennaio scorso e del quale è stato ora pubblicato sul sito www.caffarra.it l’Atto costitutivo e lo Statuto. È possibile aderire a questo sodalizio come Promotori o come Sostenitori scrivendo a cardinalecaffarra@gmail.com.

 

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S. E. mons. Carlo Caffarra
Catechesi ai giovani — 26 aprile 1997

 

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo
(Mt 28,20)
Testo biblico: Fil. 3,7-14

[…]. Gli apostoli, cioè le persone che vissero circa tre anni con Gesù, ci hanno comunicato una notizia “singolare”. Questa notizia: “Gesù di Nazareth che noi abbiamo visto morire sulla croce e che alcuni di noi hanno quindi messo in un sepolcro, come si fa con tutti i morti, è apparso vivo a noi tutti. È apparso vivo in carne ed ossa. Non quindi come può apparire qualche morto, in condizioni particolari o richiamato da riti magici. Appariva senza che noi lo chiamassimo, di sua iniziativa. Appariva durante i momenti più comuni della nostra esistenza quotidiana: mentre eravamo a tavola, mentre stavamo pescando, mentre eravamo in cammino per strada. Addirittura una volta ha mangiato con noi. Insomma: Lui è vivo in carne ed ossa; ha ripreso il suo vero corpo; siamo andati alla sua tomba ed effettivamente essa era vuota”.

Questa è la notizia veramente straordinaria. Noi allora ci siamo fatti l’unica domanda ragionevole di fronte ad un tale annuncio: ciò che costoro dicono è vero o è falso? Cioè: queste persone sono dei bugiardi (mentiscono sapendo di mentire), oppure sono degli esaltati (mentiscono credendo di dire il vero), oppure dicono la verità? E nelle ultime catechesi abbiamo visto che l’ipotesi più ragionevole è l’ultima. È ragionevole ritenere che quanto dicono quegli uomini sia vero; è ragionevole ritenere che Gesù di Nazareth è veramente risorto. Questa sera facciamo un passo avanti nella nostra riflessione.

1. Secondo il Vangelo di Matteo, le ultime parole dette dal Risorto ai suoi apostoli sono state le seguenti: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (28,20). Fate molta attenzione! Gesù non dice: “ricordatevi di me, sempre”. Oppure: “non dimenticate quello che vi ho insegnato”. Cioè: Egli non parla di quella presenza che consiste nel ricordare una persona, nel custodire nel ricordo le sue parole o ciò che egli ha fatto. Gesù dice: “io sono con voi”. Cioè: la mia stessa persona sarà sempre con voi; Lui in persona è sempre presente. Ma non solamente. Qualcuno potrebbe chiedere: “e per quanto tempo dura questa presenza?”, Gesù dice: “fino alla fine del mondo”. Cioè: la presenza della sua persona non è limitata solo ad un periodo della storia umana, oppure ad alcuni momenti della storia umana. Poniamo, nei momenti particolarmente importanti o difficili. Egli in persona è presente non solo fino alla fine del mondo, ma tutti i giorni: anche oggi, anche domani. Sempre, fino alla fine del mondo.

Qualcuno potrebbe dire: “Come fa ad essere presente tutti i giorni fino alla fine del mondo, uno che è vissuto duemila anni fa”. La risposta è: “perché è risorto”. Se infatti Egli fosse morto e non risorto, Egli avrebbe potuto certo essere presente in mezzo ai suoi, cioè a coloro che ne conservano il ricordo; a coloro che magari ne leggevano le memorie messe per iscritto, per custodirle meglio. Ma non è una presenza della persona, questa. È un ricordo di una presenza già però finita.

Egli è risorto; è risorto nel suo vero corpo. È sempre vivo in carne ed ossa. Se non fosse risorto, quelle parole di Gesù sarebbero state una falsa promessa, impossibile a realizzarsi.

2. Ed ora facciamo un passo avanti nella nostra riflessione, cominciando col ripeterci una domanda che non dobbiamo mai stancarci di riproporci: “che cosa è il cristianesimo” che cosa significa essere cristiani?”. “Il cristianesimo, in sé, non è una concezione della realtà, non è un codice di precetti, non è una liturgia. Non è neppure uno slancio di solidarietà umana, né una proposta di fraternità sociale. Anzi, il cristianesimo non è neanche una religione. È un avvenimento, un fatto che si compendia in una persona. Oggi si sente dire che in fondo tutte le religioni si equivalgono perché ognuna ha qualcosa di buono. Probabilmente è anche vero. Ma il cristianesimo con questo non centra. Perché il cristianesimo non è una religione, ma è Gesù Cristo, cioè è una persona” (Card. Biffi). È il punto centrale. Per essere buddhisti, per esempio, basta conoscere la dottrina e attuarla: si può essere buddhisti senza sapere nulla della vita del Buddha. Non si può essere cristiani senza “l’incontro” con Gesù Cristo, poiché essere cristiani è nient’altro che questo evento che plasma tutta la vita. Ma è necessario precisare ancora. Qualcuno potrebbe pensare che questa “relazione a, con Cristo” consista nel fatto che noi veniamo a conoscenza dei suoi insegnamenti e cerchiamo di viverli, conservandone così perennemente la memoria. Non è questo il cristianesimo. È un “incontro” con Cristo che è vivo oggi, in carne ed ossa come me, con un cuore che pulsa come il mio. In questo senso si deve dire che il cristianesimo è la resurrezione di Gesù, meglio è Gesù risorto. E infatti che cosa sono andati a dire gli apostoli di Lui? Una parola sola: è risorto. Essi avevano vissuto una esperienza straordinaria: avevano vissuto con Lui. Poi una tragedia terribile: la sua morte. Era la fine di tutto: ogni speranza era sepolta. Ma essi lo rividero: vivo, in carne ed ossa. Ed allora la vita ricominciò: “Ho visto il Signore risorto”. È vivo, oggi: il cristianesimo è incontro con Lui. Il cristianesimo non è alleanza con Dio che parla attraverso i suoi profeti: è Dio che fattosi uomo è morto ed è resuscitato. Tutto il cristianesimo è questo.

Ho parlato di “incontro”, di “relazione a, con …”, usando di proposito espressioni ancora imprecise. Ora dobbiamo cercare di precisare al massimo che cosa, quali esperienze denotino quelle parole. Siamo nel centro della nostra riflessione: in che cosa consiste la pienezza della fede. Proviamo a leggere una pagina, fra le tante possibili, della lettera ai Filippesi (3,4-13), dove San Paolo descrive precisamente la sua esperienza. Prima di tutto, trattasi di un evento che rompe in due la vita di una persona: la propria biografia è “prima” e “dopo” Cristo. È ciò che la Scrittura chiama conversione.

La prima dimensione di questa esperienza è che si vedono le cose, la realtà tutta in un modo diverso: ciò che era considerato un guadagno ora lo si considera una perdita. È Lui ormai l’unico criterio totalizzante del nostro modo di pensare, di giudicare: è l’orizzonte totale della propria vita. “Tutto”, dice S. Paolo: nulla sfugge a questa luce. L’esistenza diventa Cristo-centrica.

Ma questa dimensione nasce da qualcosa di ancora più profondo che è accaduto nella persona: “essere trovato in Lui” dice S. Paolo. È una sorta di espropriazione di se stessi, perché il nostro io sia Lui stesso. “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Ed ancora “Per me vivere è Cristo e morire un guadagno”. Ora quale è l’espressione del possesso che la persona ha di se stessa? È la sua libertà. L’auto-possesso consiste nel nostro essere liberi: nell’essere sorgente ultima del nostro agire. È ciò che Paolo chiama “una mia giustizia derivante dalla legge”.

Ecco l’altra fondamentale dimensione: le mie scelte hanno il loro principio in Cristo stesso che è in me e nel quale io dimoro. È un “lasciarsi condurre da Lui”. Sant’Ignazio pregava: “prendi tutta la mia libertà”. Ecco: credo, che questa sia l’esperienza denotata dalle parole “incontro con Cristo” “relazione con Cristo”. Esso è l’essere nel Cristo e Cristo in noi. Questa reciproca immanenza diventa l’unico criterio di giudizio e fa sì che Cristo sia il principio ultimo di ogni nostra scelta.

Ma una ultima osservazione. Come ogni grande esperienza che può coinvolgere la nostra esistenza, essa chiede tempo per investire la nostra vita in tutta la sua profondità ed estensione. Per questa ragione, San Paolo dice: “dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la meta”.

L’incontro con Gesù Cristo, mio Signore, non è una parentesi che si apre per qualche giorno e poi si chiude. È un avvenimento che da origine ad una vita nuova. Hai incontrato Cristo Risorto: la tua voglia di amare è risgorgata; sei contento di vivere anche nelle più grandi difficoltà. Succede questo non quando semplicemente hai appreso che cosa ha insegnato Gesù Cristo e cerchi di viverlo: il cristianesimo non è una dottrina da imparare e una morale da vivere. È una Persona che tu incontri e che ti cambia la vita. Non è un incontro culturale, ma esistenziale. È un incontro che penetra dentro e ti fa sentire che quella è la tua vita.

3. Immagino già che cosa sentite dentro di voi, quale domanda urge dentro di voi: e come, e dove posso incontrare Gesù Cristo crocefisso-risorto? Cominciamo subito a rispondere, anche se concluderemo la nostra risposta nella prossima catechesi.

Devo purtroppo iniziare con un “messa in guardia”, dicendovi “attenzione, pericolo!”. Attenzione a che cosa? “Purtroppo molti che discutono di teologia e di catechesi, hanno oggi una tale sottigliezza e scaltrezza di linguaggio da poter coniare innumerevoli espressioni e giri di frase che lasciano costantemente incerti il lettore e il fedele proprio sulla questione essenziale: se Gesù Cristo sia vivo oggi tra noi, come persona, unica irrepetibile, singolare, così come lo era prima della sua morte, e con tutta la pienezza di vita (in questo senso si può parlare di «spiritualizzazione del corpo risorto») dovuta alla risuscitante azione divina del Padre.” (A. Sicari, Viaggio nel Vangelo, Ed. Jaca Book, Milano 1995, pag. 142).

Detto questo, prima ancora di iniziare la risposta, possiamo già sapere una cosa assai importante. L’incontro è con la persona viva del Crocefisso-risorto; non è semplicemente la fede nella sua “opera”, la presa cioè in consegna della sua “causa”. Allora non potrò vivere questo incontro, leggendo semplicemente un libro. Devo poterlo incontrare in un luogo preciso, fisico, concreto. Una persona viva non la si incontra nei sogni, nelle “visioni”. Questo luogo preciso, fisico, concreto è la Chiesa, questa comunità che siamo noi suoi discepoli. Il Risorto è oggi in contatto vivo con i suoi discepoli attraverso tutta la realtà personale (corpo-sangue-anima-divinità), in modo tale che tutto quanto è accaduto in Lui possa riaccadere in noi. Questo è l’Eucaristia. […].

 

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Ad maiorem Dei gloriam et socialem

 


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