80. Settembre 2023

11. Settembre 2023 IN HOC SIGNO 0

Cari amici,

con questo numero di IN HOC SIGNO vi proponiamo una sintesi della terza parte dell’incontro con il Reggente nazionale di Alleanza Cattolica dr. Marco Invernizzi sul tema del conservatorismo, tenuto nella sede di Alleanza Cattolica in Ferrara sabato 4 marzo 2023. Il video dell’intero pomeriggio è visibile sul nostro canale YouTube all’indirizzo https://youtu.be/nqAqq-UUtPw.

 

Ferrara, 4 marzo 2023 – Incontro con Marco Invernizzi

«Il conservatorismo in Italia: ritorno al reale»

Terza parte: Il conservatorismo nella storia

«Nell’intento di non regalare il termine a chi lo usa a sproposito, è giusto quindi definire bene che cos’è il conservatorismo, e capire come si possa incarnare nella politica, anche in Italia, dove ha una sua storia quasi imprescindibilmente legata al movimento cattolico. Nella distinzione tra un conservatorismo di forma — interessato solo a mantenere le istituzioni come sono — ed uno di contenuto — che è il conservatorismo vero, quello che sa guardare ai princìpi e metterli in pratica — come si può ripercorrere la storia del conservatorismo in Italia?»

A questa nuova domanda di Lucia Martinucci, Marco Invernizzi risponde che innanzitutto occorre tenere presente che la maggiore caratteristica della Rivoluzione è quella di essere un lungo processo in continua trasformazione. Prendendo in considerazione i decenni successivi alla Rivoluzione francese, vediamo come il processo rivoluzionario abbia promosso grandi cambiamenti in epoche successive l’una all’altra.

Prima della Rivoluzione francese è difficile parlare di conservatorismo, perché se anche può essere individuato un atteggiamento conservatore di fronte alla realtà per esempio già in Platone e Aristotele, possiamo però dire che è dalla Rivoluzione francese che viene eliminato istituzionalmente un tipo di società che cercava di rispettare l’ordine della creazione, che come idea di fondo riconosceva la famiglia cellula della società, la vita degna di rispetto, la verità naturale da tutelare.

Edmund Burke, che non era neanche cattolico, dall’osservazione del fatto che la Rivoluzione francese non era certamente una semplice rivolta ma proprio un momento cardine di questo grande processo che ha stravolto l’ordine naturale delle cose, per primo capisce il carattere globale e distruttivo della Rivoluzione e da’ il via alla scuola contro-rivoluzionaria che, dal punto di vista pratico e operativo, si traduce in una azione conservatrice.

La scuola contro-rivoluzionaria non si incarica soltanto di conservare principi, ma anche di tradurli in pratica nella storia. In Italia coincide con il movimento cattolico perché soprattutto qui la Chiesa è l’oggetto principale dell’attacco della Rivoluzione, a differenza che in Francia dove l’attacco è più politico avendo come scopo principale l’abbattimento della monarchia, segno visibile del fatto che l’autorità viene da Dio.

Pensare che l’autorità viene da Dio — e non dagli uomini, tipico invece del pensiero rivoluzionario — non vuol dire essere antidemoratici. Chi viene eletto democraticamente lo scegliamo noi ma comunque trae la sua autorità da Dio (San Paolo: Nulla potestas nisi a Deo). Quando chiesero al capo rivoluzionario Saint-Just perché volesse uccidere il re, che tutto sommato era una brava persona e per giunta inoffensivo perché in prigione, rispose con molta lucidità di non volerlo eliminare per quello che aveva fatto, ma per quello che era, per quello che rappresentava.

Questo evidenzia la differenza con la Rivoluzione inglese, dove il re viene ucciso per quello che ha fatto, non per quello che rappresenta, tanto è vero che la monarchia è rimasta nella tradizione inglese. Non con questo che la Rivoluzione si sia arrestata in Inghilterra, ma ha privilegiato altri ambiti e non quello.

Degno di attenzione il fatto che normalmente i politologi, ma anche la gente comune, sono tentati di identificare i conservatori con quelli che sono un passo indietro. Continuando con l’esempio della Rivoluzione francese vediamo che ha due anime, quella liberal-nazionalista e quella social-comunista. Questi ultimi soccombono ma sono più avanzati nel percorso rivoluzionario e indicano qual è la strada; la gente è tentata di pensare che i liberal-nazionalisti siano conservatori rispetto ai social-comunisti. Avanti di questo passo, i socialisti saranno considerati conservatori rispetto ai comunisti, e questi ultimi rispetto agli anarchici.

Insomma chi si ferma nel processo rivoluzionario ad una fase precedente in qualche modo conserva ancora qualcosa in più rispetto a quello che chi è giunto alla fase successiva vorrebbe abbattere. Ma costui non è affatto un vero conservatore. Il conservatore di principio è quello che si sforza di conservare o di ripristinare nella misura delle sue capacità e possibilità tutto l’ordine, solo contingentemente privilegiando coloro che si trovano nella fase immediatamente precedente del processo. Per cui, tra i liberali e i socialisti preferisce i liberali soltanto perché conservano qualche cosa in più rispetto ai socialisti, ma non sposano certo tutte le loro idee.

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Ad maiorem Dei gloriam et socialem

Alleanza Cattolica in Ferrara